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Civico Orto Botanico

Lo splendido giardino del Civico Orto Botanico si arrampica lungo il pendio di una collina del suburbio triestino, nell’area di Chiadino, situato ai margini di una vasta area boschiva a crescita spontanea ­– il Bosco Farneto – e in parte coltivata artificialmente, il Bosco dei Pini. Il giardino si dipana attraverso varie curve di livello, percorse da numerose passeggiate, che individuano i settori delle diverse specie botaniche.

L’Orto venne inaugurato nel 1843 per sperimentare l’attecchimeto del pino nero austriaco sul Carso, sotto la direzione del farmacista Bartolomeo Biasoletto che trasferì qui anche le piante provenienti da un orto farmaceutico sito nella campagna detta “La Fontana”, nell’odierna via del Coroneo.

Nel 1861 subentra alla conduzione Muzio de Tommasini, già podestà di Trieste nonchè ricercatore botanico, che introdusse le specie rinvenute durante le sue spedizioni sulle Alpi Giulie, in Istria e Dalmazia, nel tentativo trasformare il giardino in un vero istituto scientifico. Nel 1871 entrarono a far parte della collezione anche le rare piante provenienti dal giardino di Villa Murat che era di proprietà della ricercatrice botanica Elisa Braig.

L’Orto botanico fu aperto al “pubblico passeggio” nel 1873 con una delibera della Giunta municipale e nel 1877 venne pubblicato il primo catalogo per lo scambio di semi Index seminum creato da de Tommasini e Raimondo Tominz, allora ispettore alle pubbliche piantagioni.

A partire dal 1903 Carlo de Marchesetti fece dell’Orto una pubblica istituzione annessa al Museo di storia naturale, consentendo all’area di raggiungere la sua massima espansione e l’attuale planimetria. Furono, infatti, introdotti i settori delle specie palustri e di quelle utilizzate a scopi industriali, economici e commestibili.

Nel corso del XX secolo si è aggiunta una sezione dedicata alle piante medicinali e una alla flora degli ambienti rocciosi.

L’Orto è stato riaperto al pubblico nel 1997 dopo un intervento di restauro durato sei anni e curato da Sergio Dolce, allora direttore dei Civici Musei Scientifici.

Lungo il perimetro dell’orto sono ospitate alcune collezioni di piante ornamentali, tra cui: edera, ortensia, hosta, elleboro, peonia, rosa, viola; varie bulbose a fioritura primaverile come crochi, bucaneve, piè di gallo; ed autunnale quali zafferanastro giallo.

Nella sezione Florilegio di piante magiche sono raccolte le principali piante dai significati magici, religiosi e mitologici, disposte in uno scenario di suggestioni esoteriche, lambite dalle acque di una fontana di pietra. Non un monumento alla superstizione, ma una visione metaforica del rapporto dell’uomo con la natura e l’ignoto. Suggestione di una scienza moderna, quella farmacologica, che deriva da una conoscenza antica di tradizioni che legano i poteri officinali ai tabù e all’occultismo.

Il Giardino dei semplici, dedicato alle piante officinali, propone una sistematica panoramica delle piante iscritte nell’elenco della Farmacopea Ufficiale della Repubblica Italiana, integrato con quelle presenti in studi di etnobotanica del Friuli Venezia Giulia, su liste storiche e su ricerche riguardanti le piante officinali del Litorale.

All’interno delle vasche prosperano diverse specie acquatiche tra cui i fiori di loto (Nelumbo sp.), in piena fioritura nel mese di luglio ed agosto, con colori cangianti che sfumano nelle nuance del rosa, del bianco e del giallo.

Le Piante alimentari, scelte secondo i criteri della fitoalimurgia, sono state raggruppate in base ai diversi ambienti di crescita delle singole specie, per far sì che il visitatore sia facilitato a riconoscerle in natura.

Il tradizionale Giardino formale con aiuole delimitate da basse siepi di bosso raccoglie diverse varietà di piante ornamentali che fioriscono in diversi periodi dell’anno. Questo tipo di giardino artificiale è frutto di una tradizione antica come la storia della civiltà: la floricoltura risponde, infatti, a una radicata inclinazione dell’uomo a ordinare in forme stabili e simmetriche le creazioni multiformi e intricate della natura selvaggia.

Il settore delle Piante tintorie vuol far conoscere alcune delle principali specie storicamente usate dai tintori, alle quali sono affiancate le spontanee di uso più limitato e locale, e le esotiche che a causa del rigido clima invernale devono essere protette nelle serre.

Il percorso nell’orto dei veleni si snoda fra le differenti specie di piante velenose, tossiche e letali accompagnate da specifiche informazioni scientifiche, unitamente a curiosità e loro impieghi, fra cui i numerosi utilizzi terapeutici delle varie sostanze tossiche.

Nel Percorso Geopaleontologico sono raccolti in una ventina di espositori le rocce e i fossili più comuni del Carso triestino. I campioni sono presentati in ordine temporale, dai più antichi (Aptiano-Albiano) ai più recenti (Quaternario).

Il parco offre, inoltre, un habitat naturale adatto alla conservazione dei piccoli animali che nidificano in parchi e giardini, quali uccelli, pipistrelli, ricci ed orbettini.

 

Informazioni

Superficie totale: 1,00 ha

Impianto planimetrico: informale, di forma irregolare con percorsi

Condizione giuridica: proprietà pubblica, Comune di Trieste

Specie botaniche di rilievo: albero del caffè (o albero dei cervi), albero dei tulipani, cipresso, ginkgo biloba, pioppo cipressino, spino di Giuda

Indirizzo: via Marchesetti 2, Trieste

Orari di apertura: 8 marzo–14 novembre

sabato e domenica 9.00-14.00;

lunedì e mercoledì 9.00 -17.00;

martedì, giovedì e venerdì 9.00 -13.00.

ingresso gratuito

Telefono-Fax: +39 040 360068

Cell.:+39 348 6393055

e-mail: ortobotanico@comune.trieste.it

Come arrivarci: autobus Trieste Trasporti, Linee 25, 26 (diretti)

26/ (festivo)

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ALTRO IN ZONA
Teatro_Comunale_Gozzi_Pasiano

Teatro Comunale Gozzi

L’edificio in stile neoclassico fu costruito nel 1932 con le donazioni dei pasianesi in memoria dei Caduti del primo conflitto mondiale. Inizialmente pensato come scuola professionale di disegno e di agraria con un pronao in cui collocare le lapidi con i nomi dei 200 Caduti, in seguito il Comune lo adibì a cinematografo e quindi a Teatro, intitolato ai fratelli Gasparo e Carlo Gozzi, letterati del ’700, vissuti nell’omonima Villa Gozzi di Visinale.

Gasparo (1713-1786) fu cronista e animatore della vita intellettuale veneziana e precursore del moderno giornalismo con la cospicua presenza sulle pagine della “Gazzetta Veneta”, Carlo (1720-1806) invece, scrisse fiabe e testi teatrali spesso in polemica con Carlo Goldoni; suo è il testo della Turandot.

Il teatro attualmente ospita rassegne teatrali, concerti, conferenze nonché mostre temporanee d’arte.
 
 
 
 
 

Informazioni

Indirizzo: Piazza Alcide De Gasperi, Pasiano di Pordenone

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ALTRO IN ZONA ALTRO IN PROVINCIA DI PORDENONE

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Museo Civico di arte orientale

Il settecentesco Palazzo Leo nella Città Vecchia di Trieste ospita le collezioni d’arte orientale, un’eterogenea raccolta di memorie di viaggio, stampe e manufatti di produzione asiatica.

Il percorso indaga i rapporti intercorsi tra Trieste e l’Oriente, soprattutto nel XIX secolo quando, per vocazione marittima e commerciale, le navi del Lloyd si avventuravano a Levante, verso l’India, la Cina e il Giappone.

Al piano terra è esposto il nucleo di sculture del Gandhara, (I-IV secolo d. C.), giunte a Trieste nel 1954 con la spedizione italiana che conquistò la vetta del K2. Salendo lo scalone si possono ammirare otto aquiloni giapponesi del XIX secolo dipinti ad acquerello su carta.

Il primo piano, dedicato alla Cina, propone una serie di abiti e tessuti di seta ricamata del tardo periodo Qing (1644-1911) e manufatti in avorio, madreperla e smalto su riti e tradizioni della Cina imperiale e alle sue tre correnti di pensiero: Confucianesimo, Taoismo e Buddhismo. Ampio spazio è riservato all’arte della porcellana cinese, con pezzi che vanno dal periodo Song (960-1279 d. C.) all’epoca tardo imperiale della dinastia Manciù (Qing).

La sezione del Giappone occupa gli ultimi due piani, con raccolte di porcellane, smalti, oggetti della tradizione del teatro popolare kabuki, stampe, maschere e strumenti musicali. La collezione vanta anche una serie di stampe Ukiyo-e, dipinti, lacche, specchi e sculture dell’età Edo o Tokugawa (1603-1868).

L’ultimo piano espone armi e armature giapponesi dal XV al XIX secolo e alcune stampe di carattere epico che evocano la disciplina morale dei guerrieri samurai. L’ultima stanza è dedicata a religioni e riti sia di tradizione giapponese, lo Shintoismo, che di influsso straniero, il Buddhismo.

 

Informazioni


Indirizzo: Via San Sebastiano 1, Trieste

Servizi: visite guidate, bookshop; accessibile ai disabili

Informazioni: www.museoarteorientaletrieste.it – www.triestecultura.it

Orario di apertura: da martedì a sabato 13.30-17.30; domenica 10.00-17.00; chiuso il lunedì

Visite: prenotazioni presso il Servizio Didattico – Tel.: 040 6754480; Fax: 040 6754727; E-mail: serviziodidattico@comune.trieste.it; www.serviziodidattico.it

Ingresso: intero 4,00 €; ridotto 3,00 €; gratuito per minori di 5 anni

Tel.: 040 3220736

E-mail: museoarteorientale@comune.trieste.it

 

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ALTRO IN ZONA
Loggia_Tempietto_San_Giovanni_Udine

Loggia e Tempietto di San Giovanni

Sin dal Trecento, presso il porticato, esisteva una chiesetta consacrata a San Giovanni, che, nel corso del XV secolo, fu ricostruita dall’architetto Bernardino da Morcote accanto alla nuova Torre dell’Orologio. La loggia, ammirata anche da Andrea Palladio, è formata da due ali di arcate e dall’arco trionfale che immette alla chiesa, convertita in Pantheon dei Caduti nel 1920 su progetto di Raimondo D’Aronco. Sotto la cupola, si trovano una statua rappresentante la Gloria, opera di Aurelio Mistruzzi, e un affresco di Enrico Miani. Un elegante cancello di Alberto Calligaris custodisce l’ingresso.

Qui, nel Cinquecento, fu stabilita la sede dell’Archivio notarile, la Cancelleria degli astanti e la Camera Fiscale. Le ali del porticato accolgono una meridiana risalente al 1798 e i busti di Giovanni Battista Cella (1881) opera di Andrea Flaibani, quello di Antonino di Prampero di Aurelio Mistruzzi (1921) e quello di Gabriele Luigi Pecile realizzato da Leonardo Liso (1902).

 
 
 
 
 
 
 

Informazioni


Indirizzo: Piazza della Libertà, Udine

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Parco tematico della Grande guerra

Il museo all’aperto, che si protende sulle alture carsiche sopra Monfalcone, offre ai visitatori la possibilità di scoprire questa zona di guerra che fu sconvolta da aspre battaglie tra il giugno del 1915 e il maggio del 1917.

Tre diversi itinerari segnalati attraversano il parco, snodandosi attraverso trincee e caverne che per lunghissimo tempo furono il triste rifugio degli uomini schierati sugli opposti fronti: i primi due sono dedicati alla ridotta di Quota 121 o Cima di Pietrarossa e alla trincea di Quota 85, il cosiddetto Trincerone, posizioni prese dall’esercito italiano nell’agosto del 1916 dopo la sesta battaglia dell’Isonzo; il terzo porta alla trincea Joffre e alla Grotta Vergine, la linea di difesa asburgica conquistata dai battaglioni italiani nel giugno del 1915.

La prima quota è un groviglio di trincee e postazioni d’artiglieria mentre la seconda, dedicata a Enrico Toti, era una linea difensiva dotata anche di ricoveri per le truppe. Il Parco è poi completato dalla trincea Cuzzi, compresa tra la Quota 98 e Quota 104. Inoltre, al di fuori del parco, nei pressi della località di Sablici, è possibile raggiungere Quota 77, superata dai soldati italiani durante la decima battaglia dell’Isonzo.

 

Informazioni


Indirizzo: da via Salita Mocenigo o da via del Carso (sentieri CAI 83 e 84)

 

Servizi: sentieri segnalati, visite guidate a cura dell’Ufficio turistico di Fogliano di Redipuglia, via III Armata 54 – tel./fax: +39 0481 489139; www.prolocofoglianoredipuglia.it; e-mail: plfogliano@tiscali.it

 

Informazioni: Ufficio di informazione e accoglienza turistica di Monfalcone, via Ceriani 10 – tel.: +39 0481 494229; fax: +39 0481 494352; www.comune.monfalcone.go.it; e-mail: iat@comune.monfalcone.go.it

 

Orari di apertura: sempre visitabile

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Castello di Sbrojavacca

Dell’originario castello di Sbrojavacca rimane una solitaria torre. Tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento i conti Sbrojavacca di Villotta fecero erigere sui ruderi del castello un nuovo palazzo che fu successivamente demolito. L’omonima famiglia, legata al casato dei di Cosa, fu investita del feudo fin dal XII secolo, per concessione del Patriarca di Venezia. Nel 1251 subì l’assedio di Alberigo da Romano e nel 1511 fu preso e saccheggiato da Leonardo di Prodolone.

All’inizio del XIV secolo risale un consistente sviluppo edilizio con Francesco di Sbrojavacca, che trasformò la fortificazione già presente in un castello vero e proprio dotandolo di una chiesa, di una fucina e di un mulino, avviando nel contempo la costruzione del borgo; nel 1354 venne costruita una loggia per il mercato. La famiglia abbandonò la residenza alla fine del XVI secolo e il castello rovinò ad eccezione della torre quadrata di vedetta alta cinque piani. Al Seicento risale la chiesetta castellana di San Giuliano.

Secondo una curiosa leggenda la vacca che si trova sullo stemma della famiglia si spiegherebbe con il bizzarro episodio avvenuto durante un assedio: per disorientare gli assedianti i signori del castello, che avevano terminato le scorte e volevano far credere il contrario ai nemici, gettarono una vacca dalle mura gridando: “Sbroja la vaca!”.

 

Informazioni


Indirizzo: strada provinciale Villotta-San Vito al Tagliamento, frazione di Tajedo, Torrate di Chions (Chions)

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Castello_Attimis

Castello di Attimis

Il maniero Superiore (Pecollo), risalente al XII secolo, appartenne dapprima ai marchesi di Moosburg e successivamente fu assegnato dal Patriarca ai fedeli vassalli Arpone ed Enrico, capostipiti dei due rami degli Attems. Fra il 1250 ed il 1260 fu eretto il castello Inferiore (Castelnuovo). Alla fine del Quattrocento i due castelli furono abbandonati e crollarono durante il terremoto del 1511.

I resti del castello Superiore sono stati in buona parte restaurati: visibili la muraglia di cinta di perimetro ovale, la torre mastio pentagonale, le strutture della domus e il basamento di una torre ovest. A ricordare il castello Inferiore, rimangono i resti dell’antico torrione e i tracciati degli altri ambienti. Sul sentiero che porta al castello ci sono, inoltre, i resti di una casa di guardia.

 
 
 
 
 
 
 
 
 

Informazioni


Come arrivare: percorrendo un sentiero segnalato presso il museo del Comune che porta al Monte dei Castelli (20 minuti circa). Qui un bivio porta a sinistra alle rovine dell’Inferiore e a destra del Superiore.

Stato di conservazione: ruderi

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