Centro_Didattico_Montano_Pianpinedo

Centro Didattico Montano Pianpinedo

Questo parco incontaminato ospita numerose specie di animali selvatici delle Dolomiti come cervi, stambecchi, caprioli e camosci. Attraverso il sentiero botanico si possono osservare numerose specie floristiche alcune delle quali molto rare.

Nel Centro Didattico di Pianpinedo è stato realizzato un percorso artificiale che stimola la percezione sensoriale del mondo naturale: percorrendo un bosco e una grotta virtuali, nei quali i suoni e gli odori sono stati amplificati, è possibile scoprire le tracce e riconoscere i versi degli animali. Le postazioni multimediali consentono di percorrere virtualmente le aree faunistiche e di approfondire le proprie conoscenze.

Numerosi i laboratori didattici, come quello che illustra l’antica arte della distilleria del pino mugo e delle altre piante officinali della montagna pordenonese; e, presso borgo Palin, il laboratorio per la lavorazione del latte e quello sulle fonti energetiche alternative.

Il Centro Didattico Montano Pianpinedo di Cimolais fa parte dell’Ecomuseo Regionale delle Dolomiti Friulane Lis Aganis.

 

Informazioni


Indirizzo: Via Vittorio Emanuele II, Cimolais

Servizi: visite guidate, laboratori didattici, noleggio audioguide

Informazioni: www.pianpinedo.it o presso il Comune di Cimolais – Tel.: 0427 87019; Fax: 0427 87020

Visite: per prenotazione visite e laboratori – Via Venezia 18/A, Maniago; Tel.: 0427 71775; Fax: 0427 71754; www.montagnaleader.org; E-mail: gal@montagnaleader.org

Orari di apertura: da maggio a ottobre la domenica e i festivi 9.00-18.00; in agosto tutti i giorni 9.00-18.00 (chiuso il lunedì); aperto su prenotazione per visite guidate a gruppi o scolaresche

Ingresso: al Parco Faunistico intero € 3,00; ridotto € 2,00 (studenti, bambini fino ai 12 anni, over 65); servizio guida € 2,00 a persona; al Laboratorio degli Antichi Mestieri € 6,00 a persona (minimo 15 persone)

E-mail: info@pianpinedo.it

×

 

ALTRO IN ZONA ALTRO IN PROVINCIA DI PORDENONE

Fiume_Tagliamento

Fiume Tagliamento

Il Tagliamento (l’antico Tiliaventum o Tiliavemptus; Tiliment in friulano standard, ma anche Tilimint, Taiament, Tiument, Timent e Tuement nelle altre varianti, Tagiamento o Tajamento in veneto) nasce a 1.195 m di altitudine nel comune di Lorenzago di Cadore, in provincia di Belluno ma vicino al confine con la provincia di Udine, presso il Passo della Mauria, e dopo poche centinaia di metri entra in Friuli Venezia Giulia.

Per circa 100 km ha carattere torrentizio. Percorre il canale di Socchieve fino a Tolmezzo; al confine fra i comuni di Ampezzo e Socchieve, in località Caprizi, una diga forma l’omonimo lago artificiale, le cui acque vengono per la maggior parte convogliate alla centrale idroelettrica di Somplago. Il suo primo affluente importante è il Lumiei, che si immette nel Tagliamento vicino a Socchieve. Da qui la vallata principale si allarga notevolmente formando un ampio fondovalle alluvionale. Successivamente riceve le acque del torrente Degano, poi del But; infine, in Comune di Amaro, quelle del fiume Fella; da qui si allarga fino ad un chilometro circa: raggiunta la piana di Osoppo, raccoglie il fiume Ledra e più a valle il torrente Arzino. A Pinzano il fiume si restringe, ma subito dopo comincia ad allargarsi, fino a superare abbondantemente i tre chilometri di larghezza nei pressi di Spilimbergo.

Entrando nell’alta pianura il fiume ha scavato un letto a quota sensibilmente più bassa del territorio circostante, creando degli argini naturali. A Pinzano e Ragogna queste scarpate naturali sono alte circa cinquanta metri, e la loro altezza diminuisce mano a mano che ci si addentra nella pianura. Il letto è composto da ghiaie policrome, molto permeabili, che assorbono quindi facilmente le acque. In periodi di magra, già a Dignano si può vedere il letto completamente asciutto. Nella bassa pianura però il fiume riacquista gran parte dell’acqua grazie al fenomeno delle risorgive, e prima di terminare il suo corso riceve ancora le acque del Varmo. A partire dall’altezza di Morsano al Tagliamento il fiume si restringe fino ad assumere una forma a canale. Sfocia infine, dopo 170 km, fra le spiagge di Lignano Sabbiadoro e Bibione.

Il Tagliamento è considerato l’unico fiume dell’arco alpino ed uno dei pochi in Europa a preservare una morfologia a canali intrecciati, cioè un letto ghiaioso molto ampio con numerosi canali d’acqua che si intrecciano nel percorso. Per questa caratteristica, nonché per l’unicità dell’ecosistema fluviale nel suo complesso, viene anche chiamato il Re dei fiumi alpini.

Grazie al mantenimento di uno stato ancora naturale, la varietà di specie vegetali e animali presenti è notevole: qui troviamo ancora numerose specie animali rare o scomparse nel resto della pianura padana a causa dell’uomo, cioè della trasformazione del loro ambiente naturale in campi coltivati o zone edificate, come il gheppio, la volpe e la faina, o la rana di Lataste. Il corso superiore del fiume ospita la trota marmorata ed il temolo, quello inferiore il cavedano ed il barbo. La trota fario è stata immessa dall’uomo ed ora rischia di inquinare geneticamente le originarie popolazioni di trota marmorata.

 

Giardino_Villa_Engelmann_Trieste

Giardino di Villa Engelmann

Il parco che un tempo costituiva la pertinenza di Villa Frida occupa il pendio ovest del colle di Chiadino, in una zona residenziale suburbana sorta nel tardo Ottocento. L’impianto botanico segue i crismi della tradizione paesaggistica nordica con specie fiorifere ed arbustive a fioritura scalare. Cinto da un alto muro, il giardino si sviluppa in parte su pastini e presenta una prevalenza di sempreverdi arborei e molte specie floreali tappezzanti.

Nel 1840 il milanese Francesco Ponti affidò all’architetto Antonio Butti l’incarico di progettare una villa in stile tardo-neoclassico. La casa, che fu completata tre anni più tardi, insieme al giardino, fu acquistata da Frida Engelmann nel 1888. Nel giardino vennero progressivamente piantate alcune essenze arboree molto in voga all’epoca e gli originari terrazzamenti regolari vennero ampliati con schemi botanici di tipo informale.

Nella prima metà del Novecento l’erede Werner Engelmann donò il giardino alla città. Durante la Seconda guerra mondiale la villa fu quasi completamente distrutta dai bombardamenti.

Restaurato nel 1980, pochi anni dopo il parco è stato insignito del premio Miflor come miglior realizzazione botanica in ambito pubblico di media-piccola grandezza.

Nel parco, ora aperto al pubblico, è stato allestito un padiglione per spettacoli all’aperto; inoltre è arredato con panchine, un pergolato ed un gazebo nonché attrezzature ludiche per bambini, compresa una pista per il pattinaggio.

 

Informazioni


Indirizzo: Via di Chiadino 5, Trieste

Superficie totale: 1,40 ha

Impianto planimetrico: a terrazze (parte sud-est), all’inglese (parte ovest e nordest)

Condizione giuridica: proprietà pubblica, Comune di Trieste

Peculiarità scenografiche e compositive: percorsi curvilinei, pergolato, terrazzamenti

Specie botaniche di rilievo: cipresso, ippocastano, magnolia, tasso

Orari di apertura: estivo 7.00-19.00; invernale 7.00-18.00

Servizi: accesso ai disabili, giochi multifunzionali in legno, altalene, percorso vita, pista di pattinaggio, toilettes, divieto di accesso ai cani

×

 

ALTRO IN ZONA
Sesto_al_Reghena

Sesto al Reghena

Sesto – che trae il nome dal fatto di essere stata un’antica stazione militare romana, situata al sesto miliario della strada che portava da Iulia Concordia al Norico – è un’Abbazia benedettina fondata dai longobardi nella prima metà dell’VIII secolo col nome di Santa Maria di Sesto, nei cui pressi crebbe il borgo attraversato dal fiume Reghena.

Vi si accede passando sotto il Torrione Grimani – unico superstite delle sette torri che difendevano le mura – che, fino al Settecento, era posto a guardia del ponte levatoio. Di fronte s’innalza la torre campanaria, già torre di vedetta della metà dell’XI secolo. Un arco sovrastato da trifore e affreschi dell’XI-XII secolo immette all’abbazia fortificata, cinta di mura e filari di cipressi, detta anche di Santa Maria in Sylvis poiché sorta nel mezzo di una vasta foresta. Questa, nel 762, beneficiò delle donazioni di tre nobili longobardi: Erfo, Marco e Anto. Dopo le devastazioni degli Ungheri, che nell’899 la rasero pressoché al suolo, fu ricostruita a partire dal 960, assumendo l’aspetto di castello fortificato con fossati e torri, e, sette anni più tardi, l’imperatore Ottone I donò l’abbazia-castello al Patriarcato di Aquileia.

In Piazza Castello si affacciano l’antica cancelleria abbaziale in mattoni, la residenza degli abati, attuale sede municipale e una loggetta affrescata con scene cavalleresche della fine del Duecento. Il portico d’accesso al vestibolo della chiesa è affrescato con le raffigurazioni dell’Inferno e del Paradiso attribuite ad Antonio da Firenze e ai suoi allievi. L’adiacente sala delle udienze, ospita oggi la pinacoteca.

Nell’atrio romanico, diviso in tre navate, si nota l’affresco trecentesco con l’Incontro dei tre vivi e dei tre morti; anche l’interno della chiesa è riccamente decorato: nella zona presbiteriale alcune splendide raffigurazioni di scuola giottesca, eseguite intorno al secondo e terzo decennio del Trecento e, nel transetto, fra le altre scene sacre, l’iconografia dell’albero della vita, il Lignum Vitae Christi.

Nella cripta, coperta da volte a crociera, si conservano la quattrocentesca Vesperbild, in pietra arenaria dipinta; l’Annunciazione in marmo fine del Duecento e l’urna di Sant’Anastasia opera di maestranze cividalesi d’età longobarda.

Nella campagna circostante, visitabile attraverso itinerari segnalati, si incontrano i Prati Burovich, ricchi di essenze arboree e floreali autoctone e il parco del lago delle Premarine.

Interessante anche il paesaggio agrario, ricco di campi coltivati, vigne e canali, dove meritano una visita l’antico mulino di Stalis, la chiesetta campestre di San Pietro, le settecentesche Villa Fabris e Villa Freschi Piccolomini e la fontana di Venchieredo, ricordata da Ippolito Nievo ne Le confessioni di un italiano.

 

Informazioni


Dove: Sesto al Reghena in provincia di Pordenone, lungo la direttrice Portogruaro-Conegliano

 

Informazioni: Comune di Sesto al Reghena, Piazza Castello 1 – www.comune.sesto-al-reghena.pn.it

 

Come arrivare: il paese è raggiungibile dall’A28 uscendo a Sesto al Reghena, oppure dalla SS 463

×

 

ALTRO IN ZONA ALTRO IN PROVINCIA DI PORDENONE

Giardino_Parco_Villa_de_Claricini_Dornpacher_Moimacco1

Giardino del Parco di Villa de Claricini Dornpacher

Il complesso si trova ai margini dell’aggregato rurale di Bottenicco. Il nucleo più antico risale al secolo XVII ad opera della famiglia de Claricini. Alla medesima fase costruttiva potrebbe risalire anche l’impianto formale del giardino ripartito in quadranti con vialetti perpendicolari. Anche le dimensioni delle alberature del parco sembrerebbero attestare una sua origine tardo-settecentesca.

La realizzazione della corte d’onore con pozzo centrale dovrebbe, invece, risalire alla seconda metà dell’Ottocento o all’inizio del Novecento.

Tra il 1908 ed il 1909, durante i lavori di restauro della villa, il giardino fu ridefinito all’italiana con fontane e statue, scandito ai margini da vasi di limoni; e si realizzò, inoltre, la serra. Una balaustra separa il giardino dal parco formato formato da gruppi di essenze secolari come faggi, abeti, cedri e lecci. Gli elementi scultorei decorativi, prevalentemente in pietra artificiale, confermano la datazione. Ai rifacimenti in chiave eclettico-storicista non dovette essere estranea la cultura filologico-umanistica di Nicolò de Claricini Dornpacher, dantista ed erudito.

 
 
 
 
 
 
 
 

Informazioni


Indirizzo: Via Boiani 4, Moimacco (Bottenicco)

Superficie totale: 0,90 ha

Impianto planimetrico: all’italiana (giardino, corte d’onore) e all’inglese (parco)

Condizione giuridica proprietà: privata, Fondazione de Claricini Dornpacher

Peculiarità scenografiche e compositive: fontana, serra, vasche circolari con grotaille, vialetti

Specie botaniche di rilievo: abete caucasico, bosso, faggio, leccio, tasso

×

 

ALTRO IN ZONA ALTRO IN PROVINCIA DI UDINE

Castello_Cergneu

Castello di Cergneu

Sorto forse su una precedente fortificazione longobarda, nel XII secolo il castello fu donato al Patriarca di Aquileia da Voldarico marchese di Toscana. Nel Duecento la giurisdizione passò ai signori di Savorgnano e nel 1491 ai di Brazzà, ai cui discendenti appartiene tuttora.

Già nel 1521 il fortilizio risulta essere in rovina. La struttura fortificata con il mastio di forma quadrata – che conserva feritoie e porta d’accesso – fu costruita sopra un ampio terrazzamento artificiale, circondato da un fossato. Addossati alla torre vi sono ancora alcuni resti della trecentesca domus magna. Presso il castello sorge una chiesetta dedicata oggi ai Santi Pietro e Paolo e fondata nel 1323.

Ai resti del castello di Cergneu si arriva percorrendo una ripida strada lastricata che dall’omonimo paese conduce al sito attraversando la selva e superando un ponticello. Ancora visibili i tracciati dei diversi edifici che erano racchiusi dalle possenti mura.

Una campagna di scavi è stata condotta in questo sito dal 1999 al 2005, seguita da un restauro promosso dal Comune di Nimis.

 

Informazioni


Indirizzo: Cergneu, Nimis

Stato di conservazione: ruderi

×

 

ALTRO IN ZONA ALTRO IN PROVINCIA DI UDINE

Canal_Grande_Trieste

Canal Grande

Nel cuore del Borgo Teresiano – area urbana settecentesca sorta sulle vecchie saline – si apre una breve via d’acqua artificiale che sfocia nel bacino di San Giorgio, nel Porto Vecchio. Fu realizzato tra il 1754 e il 1756 dal veneziano Matteo Pirona, affinché i velieri e i mercantili potessero attraccare al centro della città e scaricare le merci sulle banchine, rispondendo alla vocazione marittima e commerciale della città-emporio.

Il canale, allora punteggiato da variopinti pescherecci, è attraversato oggi da due ponti e da una passerella pedonale: il Ponte rosso, su cui è collocata la statua dello scrittore irlandese James Joyce; il Ponte verde, all’imbocco dal mare, cui venne affiancato, nel 1904, il Ponte bianco o Ponte nuovo, sul quale passava la ferrovia che collegava le Rive. La passerella pedonale in acciaio, vetro e pietra d’Istria, inaugurata nel 2013 come Passaggio Joyce, viene comunemente chiamata “Ponte curto”.

In piazza Ponterosso si trova la fontana settecentesca di Giovanni Battista Mazzoleni, con il puttino, familiarmente chiamato Giovannin de Ponterosso. Su Piazza Sant’Antonio, allestita a giardino, si affaccia lo storico caffè Stella Polare.

Alle rive del canale fanno da scenografia le geometrie bicrome di palazzo Gopcevich, la chiesa di Sant’Antonio Taumaturgo, le cupole azzurre del tempio ortodosso di San Spiridione, il “Grattacielo rosso” ovvero palazzo Aedes, palazzo Genel e palazzo Carciotti.

 

Informazioni


Indirizzo: Piazza Sant’Antonio Nuovo, Trieste

×

 

ALTRO IN ZONA