Abbazia_San_Gallo_Moggio_Udinese

Abbazia di San Gallo

L’abbazia fu consacrata dal Patriarca Ulrico di Eppenstein nel 1119 ed era dipendente dall’Abbazia di san Gallo in Svizzera. Il monastero visse un periodo di grande splendore fra il XIII e il XIV secolo cui seguì un lungo periodo di desolazione e di abbandono totale. In seguito al terremoto del 1976, conseguentemente all’offerta delle suore Clarisse e su interessamento dell’Arcivescovo di Udine, la Soprintendenza alle Belle Arti decise di ristrutturare il complesso abbaziale: l’8 dicembre 1987 ci fu la solenne fondazione ufficiale del Monastero di clausura delle Clarisse.

La chiesa dell’abbazia aveva già subito danni per i forti terremoti del Trecento e del 1511, ma fu sempre prontamente riparata, salvo poi essere demolita per vetustà. La chiesa attuale, ad un’unica navata con una vasta aula rettangolare, fu costruita nel 1763. Nel presbiterio gli affreschi di Leonardo Rigo (1893) rappresentano alcuni momenti storici di rilievo per l’abbazia: La visita di San Carlo Borromeo; la donazione del castello da parte del conte Cacellino al Patriarca di Aquileia Voldorico I.

In una preziosa struttura lignea del XVIII secolo, opera dell’intagliatore Matteo Deganutti, è inserito il più grande organo del Friuli, costruito da Pietro Nacchini. Prezioso è pure il lampadario ottocentesco, in legno intagliato e ferro battuto, decorato e dorato, alto più di tre metri, e composto di oltre 1500 pezzi smontabili (fiori, foglie, fregi, steli e angeli).

Adiacente alla chiesa si trovano il campanile, sopraelevato negli anni 1804-1822, il luminoso e suggestivo chiostro benedettino del 1548, con arcate a tutto sesto a sostegno della copertura, e l’antichissimo battistero.

Delle fortificazioni originarie è rimasto il possente torrione affacciato sulla vallata.

Informazioni


Abbazia di San Gallo

Colle di Santo Spirito

Moggio di Sopra – Moggio Udinese (UD)

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Villa romana Ronchi dei Legionari

Il complesso archeologico venne alla luce nel 1987 durante dei lavori di scavo per l’acquedotto. Si tratta di una villa rustica romana, costruita e ristrutturata fra la metà del I secolo a.C. e il III secolo d. C., poi distrutta da un incendio. La villa, di circa 600 metri quadrati, è stata scavata solo in parte perché si estende anche all’interno del perimetro dell’aeroporto.

L’ampio edificio ha una parte dedicata agli ambienti produttivi, che si trovano a un livello più basso rispetto alla residenza del proprietario. L’area residenziale è pavimentata con mosaici sia policromi sia a motivi geometrici bianchi e neri con tarsie di marmo; in una stanza è stato portato alla luce il pavimento rialzato che serviva a far circolare l’aria calda per riscaldare gli ambienti.

La cosiddetta pars urbana aveva sale di rappresentanza che si affacciavano su un portico colonnato e su un cortile interno, il quale faceva da collegamento con la parte rustica, dedicata alle attività produttive della villa, probabilmente agricole. Le stanze di questo settore sono più semplici e più piccole e si affacciano sul cortile interno.

Una passerella permette di attraversare le aree scavate e di ammirare i mosaici restaurati dei tre ambienti più belli, mentre alcuni pannelli didattici permettono di approfondire le peculiarità della villa. Un piccolo antiquarium, allestito nel fienile di una residenza padronale del Settecento, ospita alcuni reperti scoperti durante gli scavi.

Informazioni


Dove: il sito archeologico si trova in via Raparoni, a Ronchi dei Legionari (GO), e può essere visitato facendo richiesta alla Biblioteca Comunale “Sandro Pertini”, via Androna Palmada, 1 – tel. +39 0481 477205 (Comune Ronchi dei Legionari- Servizio Cultura).

Orari di apertura: su richiesta – Ingresso gratuito

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Castello di Colloredo di Monte Albano

Nel 1302 il barone Guglielmo di Waldsee, visconte di Mels, otteneva dal Patriarca la licenza di costruire una nuova dimora fortificata non distante dal castello di famiglia che sorgeva a Mels (i suoi discendenti assunsero in seguito il nome di Colloredo Mels Waldsee).

Il castello fu invaso nel 1315 dal conte di Gorizia, nel 1420 cadde nelle mani dei veneziani e nel 1511 subì il sacco del Giovedì grasso e il sisma che seguì lo stesso anno. Costruito in origine per necessità difensive, nel corso dei secoli cambiò lentamente le proprie funzioni divenendo sempre più spiccatamente residenziale.

Il mastio – un complesso di edifici disposti ad anello intorno al cortile – è situato nella parte più alta del colle, affiancato da due ali, la torre occidentale, il corpo di guardia, la torre porta con l’orologio e la trecentesca Casa Rossa. Tutti gli edifici erano racchiusi da cinte murarie in pietra e mattoni di notevole spessore.

Le volte di una saletta nella torre di ponente furono decorate da Giovanni da Udine con stucchi e scene tratte dalle Metamorfosi di Ovidio. Al Seicento risale invece la cappella dedicata a San Carlo Borromeo.

Qui vissero il poeta secentesco Ermes da Colloredo, Ippolito Nievo – che qui scrisse le Confessioni di un italiano – l’autore e viaggiatore Stanislao Nievo.

Del complesso, che necessiterebbe di una radicale ricostruzione dopo gli ingenti danni subiti nel terremoto del 1976, sono ora visibili la torre con l’orologio e l’ala ovest – restaurate – dove ha sede la Comunità Collinare del Friuli.

Informazioni


 

Indirizzo: Piazza Castello 1, Colloredo di Monte Albano

Visite: solo esterni

Informazioni: www.tourism.friulicollinare.it oppure presso il Consorzio per la Salvaguardia dei Castelli Storici del Friuli venezia giulia – Tel.: 0432 288588; Fax: 0432 229790; E-mail: info@consorziocastelli.it ; www.consorziocastelli.it

Come arrivare: si può raggiungere in bicicletta attraverso i percorsi sterrati delle Ippovie, che collegano Udine a Buja (per informazioni www.vallecormor.com)

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Castello di Manzano

Il castello, posto su una collina lungo il corso del Natisone, era feudo dei Signori di Manzano – che possedevano anche il maniero di Fagagna – almeno fin dal XIII secolo. Nel 1341 Taddeo di Manzano uccise la moglie adultera, Sofia di Buttrio, e i cividalesi indignati, con l’autorizzazione del Patriarca, scacciarono i nobili dal castello che, tuttavia, rimase ancora tra alterne vicende in mano al casato dei di Manzano.

Oppostisi nel 1431 alla Repubblica di Venezia, i Signori di Manzano riuscirono ad ottenerne l’indulgenza per l’intercessione della comunità di Cividale, ma la Serenissima decretò che il castello fosse raso al suolo. È ancora visibile un unico tratto di muraglia.

Il castello, di forma circolare, era munito verso ponente da spalti, mentre il versante sud era protetto dallo strapiombo sul Natisone. Durante gli scavi eseguiti nel 2001 sono state portate alla luce le fondamenta di una torre medievale.

Una leggenda popolare vuole che in una galleria sotterranea, che consentiva ai signori di scappare in caso di assedio, si trovasse una carrozza d’oro piena di preziosi.

 

Informazioni


Indirizzo: Manzano

Stato di conservazione: ruderi

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Giardino e Parco di Palazzo Altan Rota

Il parco, posto nell’area retrostante il palazzo, è delimitato su due lati dall’antico percorso delle mura e del fossato e si sviluppa su di un terreno pianeggiante, ad eccezione di alcuni rilievi, uno dei quali nasconde un rifugio antiaereo.

Vi si accede dalla piazza e da via delle Fosse tramite un cancello e un ponte che supera la roggia.

Palazzo Altan Rota è uno tra gli edifici più antichi del centro storico, oggi sede del municipio. Il corpo principale fu eretto nella seconda metà del Quattrocento dalla famiglia Altan, conti di Salvarolo, secondo l’impianto tripartito della casa padronale veneta. Il portico d’ingresso fu edificato nel XVII secolo per delimitare una corte quadrata nella quale è presente un giardino all’italiana con bosso e palme del Giappone.

Dietro il complesso dominicale si estende un parco d’ispirazione tardoromantica dei primi anni del XX secolo, attribuito all’architetto Domenico Rupolo, che realizzò anche l’ampliamento del palazzo. Al suo interno sono ospitati: una vasca circolare con ninfee racchiuse da arbusti di osmanto odoroso; una torre circolare del XV secolo, un rifugio costruito durante la Prima guerra mondiale, la serra.

Le essenze vegetali sono eterogenee e, alcune, molto antiche, in una commistione di varietà autoctone e altre di gusto esotico importate all’epoca dall’Asia e dal Nord America.

 

Informazioni

Indirizzo: Piazza del Popolo 31, San Vito al Tagliamento

Superficie totale: 0,74 ha

Impianto planimetrico: formale (giardino), naturalistico-informale (parco)

Condizione giuridica: proprietà pubblica, Comune di San Vito al Tagliamento

Peculiarità scenografiche e compositive: statue, fontana, torre

Specie botaniche di rilievo: bosso, cedro della California, cipresso calvo, magnolia, palma del Giappone, platano, zelkova

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Parco di San Giovanni (Parco dell’ex Ospedale psichiatrico)

Il vasto parco con i suoi numerosi padiglioni occupa l’intera area della collina su cui si sviluppa. Presenta un reticolo viario alberato e costruzioni architettoniche risalenti all’epoca in cui ospitava il manicomio e nuovi inserimenti botanici ornamentali su impianti geometrici.

Nel 1891 il Comune di Trieste iniziò a ideare la costruzione di un complesso adibito a frenocomio ispirato alla tipologia open door, secondo il programma terapeutico che fu elaborato dai medici Canestrini e Seunig. Solo nel 1902 l’incarico venne affidato all’ingegnere goriziano Ludovico Braidotti che ideò una struttura a villaggio formata da vari padiglioni, ognuno dotato di servizi igienici, veranda e passeggio coperto, integrata da una colonia agricola.

L’area scelta all’inizio del Novecento a ridosso dei monti Calvo e Valerio – nel rione di Guardiella, a est della città – era un terreno ceduto dalla famiglia Cronnest. Il progetto fu completato nel 1908. Il complesso, che poteva ospitare 480 ricoverati, si componeva di circa quaranta edifici, inseriti in una sistemazione ambientale che voleva conciliare le necessità di sorveglianza con disposizioni libere e contemplative. Attorno agli edifici più importanti si predisposero rimboschimenti e piantagioni e aiuole fiorite che avrebbero occupato le ore di attività dei pazienti.

Nel 1971 la direzione fu affidata allo psichiatra Franco Basaglia, fautore di metodologie sperimentali per la cura delle malattie mentali. Il comprensorio, che fu chiuso nel 1977, venne aperto alla città: i padiglioni che non erano utilizzati dall’Azienda sanitaria diventarono sedi museali, universitarie e scolastiche.

In tale contesto si avviò un piano di rinnovo delle componenti botaniche, la sistemazione a giardino di vari settori e la creazione di roseti.

Il roseto in prossimità dell’ingresso superiore è stato progettato da Vladimir Vremec: si possono ammirare rose dedicate a personaggi famosi e altre interessanti, oltre che per la loro bellezza, perché ottenute in periodi storici importanti. Sono presenti molte varietà ottenute da ibridatori inglesi, tedeschi, francesi, olandesi e altri ma anche americane e giapponesi. Entrando dall’ingresso inferiore presso via San Cilino, il percorso si snoda attraverso sentieri, scale e viali alberati, tra prati e aiuole, in un susseguirsi di varietà di piante e rose antiche per giungere alla parte superiore, dove sono coltivate le rose moderne.

Attraverso il Viale delle Camelie si accede alle aree che ospitano le collezioni di rose antiche: nelle aiuole presso Villa Bottacin, dove dimorano anche le quercie più maestose del parco, sono presenti le rose delle classi ‘Alba’ ed ‘Ibridi perenni’. Nel terrazzamento superiore sono collocate le classi ‘Gallica’, ‘Centifolia’, ‘Damascena’ e ‘Centifolia Muscosa’. La scarpata più soleggiata, esposta a ovest, è ricoperta da iris di vario colore. A fianco dell’ex padiglione Gregoretti le aiuole parallele ospitano rose antiche delle classi ‘Chinensis’, ‘Tea’, ‘Ibridi perenni’, ‘Rugosa’, ‘Canina’ ed altre ancora.

Diversi ibridi di ‘Rugosa’ si incontrano lungo il muro del giardinetto dedicato ai cani, assieme a rose rampicanti – ‘Banksia’, ‘Gigantea’ e ‘Bracteata’ – che si inerpicano sugli archi metallici che accompagnano il vialetto. Al suo interno si trova una serie di varietà di rose ‘Portland’, una collezione di rose ‘Bourbon’ e nelle vicinanze dei grandi lecci, a ridosso delle coltivazioni orticole, una collezione di vecchie varietà di ‘Ibridi di Moschata’.

Sopra lo scalone monumentale sono state piantate graminacee ornamentali attorno a gruppi di rose a cespuglio e le scarpate nelle adiacenze del Teatro sono ricoperte da rose coprisuolo. In omaggio all’epoca della costruzione dell’ex Ospedale Psichiatrico è stata sistemata, nella grande area prativa tra via Weiss e via Bottacin, una collezione di rose del periodo Liberty e Art Noveau.

Nell’ampia area soleggiata a terrazze, sotto il Padiglione H, all’estremità nord-est del parco, si trova la parte più grande del roseto, dedicata alle rose moderne più note: Ibridi di Tea, rose a mazzetti, rose rampicanti inframmezzate a clematidi e a graminacee ornamentali, e, a ridosso del muro perimetrale in arenaria, cespugli di Cistus e Phlomis. Le scarpate sulla terrazza che funge da belvedere, ospitano singole varietà di rose coprisuolo inframmezzate da rosmarini striscianti.

 

Informazioni


Indirizzo: Via San Cilino, Trieste

Superficie totale: 18,33 ha

Impianto planimetrico: formale, con inserti informali ornamentali e viali

Condizione giuridica: proprietà pubblica, Provincia di Trieste

Peculiarità scenografiche e compositive: aiuole, giardino terrazzato, piazzale a esedra, scultura di Marco Cavallo, terrazza panoramica, viali

Specie botaniche di rilievo: farnia, circa 5.000 varietà di rose

Orari di apertura: sempre aperto

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Grado GIT

La dorata spiaggia sabbiosa gestita da Grado Impianti Turistici, chiamata Spiaggia principale, è lunga diversi chilometri e si sviluppa dalla cosiddetta “Diga”, la passeggiata lungomare che porta alla Costa Azzurra, fino alla spiaggia ”Al Bosco” attraverso la Città Giardino.
Diversi accessi la rendono facilmente raggiungibile da ogni punto della cittadina. Numerosi i servizi: parco giochi nell’ombroso Parco delle Rose, spogliatoi, docce, copertura wi-fi, attività di animazione (ginnastica, giochi per i piccoli, presentazione di libri, balli di gruppo). Naturalmente sono a disposizione a pagamento ombrelloni, lettini, sdraio e pedalò.

La spiaggia è molto curata e sicura, i fondali bassi sono adatti per i più piccoli, mentre per gli amanti del nuoto sono a disposizione dei moli dai quali si raggiungono rapidamente le acque più profonde, e una zattera ancorata al fondale da cui potersi tuffare.
All’interno dello stabilimento vi sono due aree dedicate, una ai piccoli, la “Baby Beach“, che mette a disposizione, fra l’altro, ombrelloni più grandi e un “superbagnino“, e l’altra alla clientela più esigente, l’Area Vip “Settimo cielo” (ingresso n. 1).
Altri servizi a pagamento sono le Terme Marine, gli stabilimenti psammoterapico (sabbiature) ed elioterapico (solarium) e il Parco Termale Acquatico, una grande piscina con acqua di mare e giochi d’acqua come trampolini e scivoli, dotato anche di un bar con sedili in acqua.
 

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