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Biotopo delle Risorgive di Flambro

Situato alla destra del Cormor e adiacente al biotopo delle Risorgive di Virco, quello delle Risorgive di Flambro è un biotopo articolato e ben salvaguardato, compreso nel sito delle Risorgive dello Stella. Si tratta del più importante e vasto complesso di vegetazione umida d’acqua dolce della regione, garantito dalle risorgive – un reticolo di acque affioranti in superficie – nonché uno dei pochi lacerti naturali rimasti intatti in pianura.

Un percorso attrezzato permette di visitare l’area in un circuito ad anello che parte dal Mulino Braida. Lungo la corrente d’acqua limpida della Roggia dei Molini spiccano le fioriture bianche del crescione e le distese di piante acquatiche galleggianti. Si possono osservare i cladieti che circondano le olle ricche di acqua, le torbiere dominate dal giunco nero e i più rari i prati umidi colorati dalla gramigna azzurrognola. Poco oltre cresce qualche rado bosco di farnie, olmi e ontani neri alternato a radure e prati coltivati.

La flora vanta specie rare come l’armeria delle paludi che risalta con il suo rosa pastello contro i giunchi scuri, il giallo erucastro, il gladiolo palustre, l’eufrasia di Marchesetti, i viticcini estivi della famiglia delle orchidee e numerosi relitti glaciali fra cui la primula farinosa nei toni dei rosa e dei lilla, la parnassia, la genzianella, la carnivora rosolida, e, ancora, il giglio caprino e le iris azzurra e gialla. Nei pressi della Roggia Mezzal è possibile incontrare un esemplare di ramarro verde brillante con una macchia azzurra all’altezza della gola.

I cartelli lungo il tragitto descrivono specie vegetali e animali caratteristici della zona, fra cui la rana di Lataste – una delle specie più rare d’Europa e soggette ad estinzione – oppure i tritoni, l’ululone dal ventre giallo e la tartaruga di acqua dolce. Di interesse anche la presenza dell’airone rosso e il tarabusin; fra i rapaci vi sono, inoltre, l’albanella reale e il falco di palude.

 

Informazioni


Ubicazione: Comune di Talmassons

Estensione: 73 ettari

Informazioni: www.comune.talmassons.ud.it – Comune di Talmassons, via Tomadini 15 -tel.: 0432 766020; fax 0432 765235; e-mail: segreteria@com-talmassons.regione.fvg.it

Servizi: dalla località Molini Braida si sviluppa un breve percorso didattico

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ALTRO IN ZONA ALTRO IN PROVINCIA DI UDINE

Rocca_Monfalcone

Rocca di Monfalcone

Già sede di un castelliere, poi vedetta romana a guardia della Via Gemina che da Aquileia portava a Trieste, il sito fu sede di un fortilizio edificato durante il regno di Teodorico, re degli Ostrogoti.

Secondo l’Asquini il nome originario della Rocca era “Verruca Montis Falconis” cioè sommità del monte Falcone, e fu in seguito abbreviato in ‘rocca’ di Monfalcone. Nel 967 divenne un presidio del Patriarcato d’Aquileia che lo ricevette da Ottone I.

Il maniero – un mastio a pianta quadrata circondato dalla cinta muraria circolare – fu a lungo conteso tra la Serenissima e i Conti di Gorizia. Nel 1420 il territorio fu conquistato dalla Repubblica e la rocca divenne un baluardo strategico per la difesa dello stato di terra veneto tanto da meritarsi l’appellativo di “occhio della Patria del Friuli”.

Nel XVI secolo, con la costruzione della fortezza di Palmanova, perse la sua funzione difensiva. Abbandonata per lunghissimo tempo in seguito all’invasione napoleonica, subì danni ingenti durante il primo conflitto mondiale. Tra il 1950 e il 1955 fu restaurata dalla Soprintendenza ai Monumenti e dal 1970 è sede del Museo Speleo-Paleontologico, nel quale sono esposti oltre diecimila reperti di carattere storico-scientifico.

 

Informazioni


Indirizzo: Via E. Valentinis 134 – Salita alla Rocca, Monfalcone

Orari di apertura: nei giorni festividal 1° ottobre al 14 maggio 10.00-12.00 e 14.00-17.00; dal 15 maggio al 30 settembre 9.00-13.00

Informazioni: Museo Paleontologico Cittadino della Rocca di Monfalcone – www.museomonfalcone.it

Ingresso: libero

Tel.: 0481 40014

E-mail: info@museomonfalcone.it

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ALTRO IN ZONA ALTRO IN PROVINCIA DI GORIZIA

Museo_Archeologico_Udine

Museo archeologico

Il museo si è formato nel 1866 grazie al contributo dei nobili ed eruditi friulani che si dedicarono al collezionismo archeologico tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento. Si ricordino i lasciti delle famiglie di Toppo, de Brandis, di Prampero, Gropplero, Frangipane, ma anche di molti studiosi, quali Giulio Andrea Pirona, Alexander Wolf, Valentino Ostermann, Giovanni Marinelli e Carlo Someda de Marco.

La raccolta consta di materiali etrogenei, oggetti ad uso sacro e profano, riferibili ad un periodo compreso tra la Protostoria e il Medioevo. Francesco di Toppo nel 1883 lasciò alla città la sua ricchissima collezione di reperti rinvenuti in una necropoli romana di Aquileia, tra cui spiccano le ambre e centinaia di manufatti in vetro e ceramiche. Da Aquileia provengono anche due tappeti musivi, rinvenuti da Giovanni Brusin nel fondo Ritter. La prima sala è dedicata alla splendida raccolta del conte Augusto de Brandis, composta principalmente di reperti magnogreci provenienti dalla zone archeologiche di Taranto: crateri apuli e campani, ceramiche di Gnathia e lo stamnos dipinto ad Atene dal celebre ceramografo Menelao (440 a.C. circa).

Negli ultimi anni gli scavi condotti nella provincia di Udine hanno portato all’acquisizione di numerose testimonianze della preistoria, dell’età del bronzo, del primo periodo romano, del periodo altomedioevale e del basso medioevo tra cui centinaia di reperti in ceramica integralmente ricostruiti.

Il gabinetto numismatico vanta circa 60.000 monete, tra cui spiccano le coniazioni di Aquileia, 3.000 medaglie e numerosi esemplari di cartamoneta. L’ultima sala è dedicata a Luigi Pio Tessitori che a partire dal 1914 si dedicò agli studi archeologici nel nord dell’India con Sir John Marshall, allora direttore dell’Archaeological Survey of India.

Nel sottoportico del castello trova, infine, posto il Lapidario con epigrafi, monumenti e sculture di epoca romana provenienti soprattutto dalle collezioni dei conti Gorgo e di Toppo, ma anche materiali frutto di ritrovamenti fortuiti.

 

Informazioni


Indirizzo: Salita Castello 1, Udine

Servizi: visite guidate, bookshop, laboratori didattici, fototeca, biblioteca d’arte; accessibile ai disabili

Informazioni: www.udinecultura.itwww.provincia.udine.it/musei – www.comune.udine.it

Orari di apertura: da ottobre a aprile da martedì a domenica 10.30-17.00; da maggio a settembre da martedì a domenica 10.30-19.00; chiuso il lunedì

Ingresso: unico per i Civici Musei del Castello € 5,00; ridotto € 2,50 (da 14 a 18 anni e studenti universitari, oltre ai 65 anni); scolaresche € 1,00; gratis fino ai 13 anni disabili con FVG Card

Tel.: 0432 271591

Fax: 0432 271982

E-mail: civici.musei@comune.udine.it

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ALTRO IN ZONA
Laghi_Doberdo_e_Pietrarossa

Laghi di Doberdò e Pietrarossa

I Laghi di Doberdò e Pietrarossa rappresentano un raro esempio a livello europeo di idrografia superficiale legata al fenomeno del carsismo. Si trovano in un polje, cioè una depressione naturale a fondo piatto, i cui versanti possono essere più o meno ripidi, e sono attraversati da falde acquifere del sottosuolo. Sono i due unici laghi carsici del Friuli Venezia Giulia e appartengono all’omonima riserva naturale che si trova in provincia di Gorizia.

Mentre il lago di Pietrarossa è di livello pressoché costante, quello di Doberdò è un lago temporaneo, un lago-stagno: infatti il livello delle sue acque cambia a seconda della portata dei vicini fiumi Vipacco ed Isonzo. Quando i due fiumi sono in magra, la superficie libera del lago, non occupata da canneti, si riduce a canali e pozze circolari di pochi metri. Le sorgenti si trovano sul lato occidentale del lago, mentre gli inghiottitoi sono sul lato orientale.

In quest’area la flora e la fauna sono molto varie per la copresenza all’interno della Riserva di diversi ambienti naturali, quali zone umide (laghi, praterie, boschi) contrapposte ad ambienti carsici più aridi (landa, boscaglia).

Lungo le sponde del lago di Doberdò si trova una sottile striscia di bosco ripariale con salici e pioppi neri che ospitano diverse specie di uccelli tra i quali c’è il raro picchio rosso minore. Fra i mammiferi che abitano la zona troviamo i caprioli, molto comuni sul Carso, ma anche il raro sciacallo dorato. Dove l’acqua è più profonda crescono le ninfee.

All’interno della Riserva si trovano i resti di un castelliere risalente all’Età del Bronzo: era un antico villaggio fortificato con una cinta muraria costruita in pietra a secco, una delle prime forme abitative del Carso.

 

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Parco Villa De Brandis

La realizzazione della villa risale agli inizi del Settecento per volere dei de Brandis, famiglia di antichissima origine nobiliare che si estinse nel 1984 con la contessa Caterina che lasciò in eredità la villa al Comune di San Giovanni al Natisone.

I de Brandis, stabilitisi a Cividale nel XIV secolo, nel 1718, avviarono la costruzione della residenza di villeggiatura, avendo già trasferito il palazzo di rappresentanza a Udine.

Tra il 1886 e il 1895 la villa fu riformata secondo il gusto eclettico e si procedette alla realizzazione del parco paesaggistico, voluto da Nicolò de Brandis, su progetto di Giuseppe Rho. Venne ideato un percorso ad anello in cui andavano ad inserirsi un laghetto e due rilievi artificiali.

Nel 1984 la Villa de Brandis passò in proprietà al Comune di San Giovanni che, a partire dal 2003, diede inizio ai lavori di restauro del parco, realizzati su progetto dell’architetto Roberto Del Mondo.

 
 
 
 
 
 
 
 

Informazioni


Indirizzo: Via Roma 117, San Giovanni al Natisone

Superficie totale: 2,00 ha

Impianto planimetrico: all’inglese con schema asimmetrico

Condizione giuridica: proprietà pubblica, Comune di San Giovanni al Natisone

Peculiarità scenografiche e compositive: fontana, lago artificiale, scalea

Specie botaniche di rilievo: carpino, cefalotasso, faggio rosso, farnia, thuja gigante

Orari di apertura: sempre aperto

Ingresso: gratuito

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Fiume Livenza

Il fiume Livenza (il cui nome deriva dal latino Liquentia, dal verbo liquere che significa essere scorrevole; chiamato Łivensa in veneto, Livence e Lighintha in friulano) nasce da una sorgente di natura carsica ai piedi del Parco del Cansiglio, in località Gorgazzo; dopo pochi chilometri troviamo la seconda sorgente del Livenza vicino il santuario della Santissima, e infine quella del “Molinetto”, più piccola. Le sorgenti si trovano nei comuni di Polcenigo e Caneva (PN); il fiume per un tratto segna il confine fra Veneto e Friuli Venezia Giulia; dopo un percorso di 112 km sfocia nell’Adriatico a Caorle, in Veneto.

Suoi affluenti sono fiumi di risorgiva come il Meschio, il Monticano e il Meduna, fiume a carattere torrentizio. Il Livenza è un fiume di pianura e per questo è ricco d’acqua tutto l’anno – tanto da essere navigabile per quasi tutta la lunghezza del suo alveo – molto pescoso e ricco di vegetazione. Tra i pesci delle sue acque vanno citati i cavedani, trote delle varie specie, tinche, scardole, alborelle, carpe, lucci, temoli e anguille.

Lungo il suo corso ci sono oasi naturalistiche di notevole interesse. Il paesaggio fluviale è caratterizzato dalle cosiddette “smorte”, meandri abbandonati dal fiume, in lento interramento, in cui attecchiscono bene molte specie di flora spontanea (vicino a Sacile si trova la smorta di Cavolano, già inserita tra le aree regionali protette). Il Livenza, con l’avvicendarsi degli habitat acquatici e di terraferma, rappresenta un prezioso complesso ecologico e ambientale.

Castello_Ragogna

Castello di Ragogna

Il promontorio roccioso sul quale sorgono il complesso fortificato e l’antica pieve di San Pietro – nonchè sede dell’antico insediamento castrense di Reunia – controllava il guado del fiume Tagliamento. Esistente già nel VI secolo, il maniero era soggetto nel XII secolo alla giurisdizione dei duchi di Carinzia della Casa di Eppenstein, passando nel 1218 ai Signori di Ragogna, infeudati dal Patriarca d’Aquileia.

Oggetto di ripetuti assedi durante le lotte tra Patriarcato e duchi d’Austria, passò nel XV secolo ai Porcia. In seguito il castello decadde e, abbandonato alla fine del Settecento, venne regalato al Comune.

Attualmente si possono ammirare le cinte murarie merlate con il portale Nord, alcune torri, il cortile interno con il pozzo e la domus residenziale. Presso l’antica pieve di San Pietro sono visibili gli scavi archeologici effettuati.

 
 
 
 
 
 
 

Informazioni


Indirizzo: Frazione di San Pietro, Ragogna

Orari di apertura: da aprile ad ottobre il sabato 14.30-17.30 e domenica 10.00-12.30; 14.30-17.30

Stato di conservazione: ristrutturato

Informazioni: Comune di Ragogna – Tel.: 0432 955226; g.toniutti@comuneragogna.it; Associazione Pro Ragogna – Tel.: 0432940310; E-mail: info@prolocoragogna.it; oppure Segreteria del Consorzio per la Salvaguardia dei Castelli Storici del Friuli venezia giulia – Tel.: 0432 288588; Fax: 0432 229790; E-mail: info@consorziocastelli.it; www.consorziocastelli.it

Ingresso: libero

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