Rocca_Monfalcone

Rocca di Monfalcone

Già sede di un castelliere, poi vedetta romana a guardia della Via Gemina che da Aquileia portava a Trieste, il sito fu sede di un fortilizio edificato durante il regno di Teodorico, re degli Ostrogoti.

Secondo l’Asquini il nome originario della Rocca era “Verruca Montis Falconis” cioè sommità del monte Falcone, e fu in seguito abbreviato in ‘rocca’ di Monfalcone. Nel 967 divenne un presidio del Patriarcato d’Aquileia che lo ricevette da Ottone I.

Il maniero – un mastio a pianta quadrata circondato dalla cinta muraria circolare – fu a lungo conteso tra la Serenissima e i Conti di Gorizia. Nel 1420 il territorio fu conquistato dalla Repubblica e la rocca divenne un baluardo strategico per la difesa dello stato di terra veneto tanto da meritarsi l’appellativo di “occhio della Patria del Friuli”.

Nel XVI secolo, con la costruzione della fortezza di Palmanova, perse la sua funzione difensiva. Abbandonata per lunghissimo tempo in seguito all’invasione napoleonica, subì danni ingenti durante il primo conflitto mondiale. Tra il 1950 e il 1955 fu restaurata dalla Soprintendenza ai Monumenti e dal 1970 è sede del Museo Speleo-Paleontologico, nel quale sono esposti oltre diecimila reperti di carattere storico-scientifico.

 

Informazioni


Indirizzo: Via E. Valentinis 134 – Salita alla Rocca, Monfalcone

Orari di apertura: nei giorni festividal 1° ottobre al 14 maggio 10.00-12.00 e 14.00-17.00; dal 15 maggio al 30 settembre 9.00-13.00

Informazioni: Museo Paleontologico Cittadino della Rocca di Monfalcone – www.museomonfalcone.it

Ingresso: libero

Tel.: 0481 40014

E-mail: info@museomonfalcone.it

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ForraCellina

Riserva Naturale Forra del Cellina

La riserva circonda la Stretta del Cellina, una grande incisione valliva, tra i paesi di Andreis, Barcis e Montereale Valcellina, scavata dalle acque cristalline di questo torrente nei calcari di età cretacica. Lo spettacolare canyon verticale frutto di un imponente fenomeno di erosione fluviale è una intricata rete di forre confluenti create dai corsi dei torrenti Alba, Molassa e Cellina. L’area comprende il monte Fara e il monte I Cameroni, vetta più alta della Crode del Pic.

La maggior parte del territorio della riserva è costituito da rocce carbonatiche che hanno dato luogo a morfologie di tipo carsico (doline, scannellature, campi solcati e vaschette di corrosione) e a formazioni ipogee (pozzi, grotte, gallerie) come le Grotte Vecchia Diga dove si possono osservare stalattiti, stalagmiti e altre curiose formazioni concrezionali. L’azione erosiva ha dato luogo a strette gole e orridi in cui non mancano strutture derivate di grande bellezza, quali le Marmitte dei giganti, visibili presso il bivio Molassa, sottoescavazioni, rocce levigate e meandri, miriadi di sculture naturali prodotte nel corso dei millenni.

Le boscaglie di forra sono a prevalenza di carpino nero e tasso, tra cui fioriscono il giglio dorato e la spirea tormentosa. Il rigido microclima locale consente di trovare, anche alla base dei versanti, cespugli di erica e rododendro che crescono a quote molto più elevate. I ghiaioni sono colonizzati dal geranio crestato, la sassifraga gialla e la felce del calcare. Le rocce a strapiombo della forra sono ornate dai cespi violacei della campanula carnica e dal particolarissimo raponzolo di roccia.

Tra la fauna vanno ricordati il camoscio, che si può vedere sulla Croda del Pic, oltre al capriolo e il cervo, diffusi anche il tasso, la volpe, lo scoiattolo e il ghiro e, ancora, il falco pellegrino, l’aquila reale e il gufo reale.

La Vecchia strada con il suo suggestivo tracciato attraversa l’intera riserva permettendo di osservare le spettacolari forme di erosione che il torrente ha lentamente modellato incidendo la stretta forra tra il monte Fara e la Pala d’Altei.

 

Informazioni


Estensione: 304 ettari

Ubicazione: la riserva comprende i comuni di Andreis, Barcis, Montereale Valcellina e i torrenti Cellina, Molassa e Alba

Informazioni: www.riservaforracellina.it – Ente parco dolomiti friulane, via Roma 4, Cimolais – tel.: 042787333; fax 0427877900; e-mail: info@parcodolomitifriulane.it

Servizi: foresteria di Andreis e Cimolais; bar, ristorante, punti ristoro, aree pic-nic, punto fuoco, area giochi per bambini, area camper, noleggio biciclette, campeggio

Attività: visite guidate, mostra permanente

Centro visite: Località Ponte Antoi, Barcis

Orari di apertura: la vecchia strada della Valcellina è accessibile da maggio a ottobre le domeniche e i festivi, agosto tutti i giorni 10.00-18.00

Ingresso: € 2,00

Come arrivare: daSud percorrendo la strada statale 251 della Valcellina e Val di Zoldo, oltrepassato Montereale Valcellina, prima della galleria che attraversa il monte Fara a sinistra si diparte la vecchia strada che percorre la forra e quindi porta nella Riserva. Con la strada statale 251 si può proseguire fino all’uscita di Andreis e raggiungere la Riserva dirigendosi verso la località Molassa. Da Nord, prendendo la strada statale 251 all’altezza di Longarone, si prosegue in direzione di Barcis; oltrepassato l’abitato si svolta a destra verso la diga di Ponte Antoi nei pressi della quale si accede alla Riserva

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Monumento_caduti_Monte_Calvario

Monumento ai caduti del Monte Calvario

Il monte Podgora, situato a nord-ovest di Gorizia, è stato rinominato Calvario per ricordare le vittime della sanguinosa battaglia dell’Isonzo nella prima guerra mondiale: qui il 7 agosto 1916 le Brigate Cuneo, Casale e Pavia sfondarono le linee difensive austriache arrivando sulla sponda destra dell’Isonzo.

Molti cippi commemorativi sono stati eretti a commemorare i caduti di entrambi i fronti. Fra i tanti italiani che persero la vita sul Podgora ricordiamo il volontario triestino Scipio Slataper.

Sulla cima, da cui lo sguardo può spaziare sull’Isonzo e sui monti che coronano la piana di Gorizia (il Collio, il Monte Santo, il Monte San Gabriele e il Monte San Michele), c’è l’Obelisco, edificato nel 1920 su progetto dell’architetto de Grada, con epigrafi e lapidi poste in memoria dei caduti dei vari reparti che si succedettero nei tentativi di conquistare il monte. Ci sono anche tre grandi croci e cinque cippi dedicati ai volontari trentini, ai caduti delle Brigate Casale e Pavia, ai due battaglioni Carabinieri distintisi negli attacchi ed ai Volontari Giuliani caduti sul Carso.

Nelle vicinanze del museo all’aperto si trova anche l’Ossario di Oslavia, progettato nel 1938 dall’architetto Ghino Venturini.

Informazioni


Informazioni: Infopoint TurismoFVG di Gorizia, Corso Italia 9 – Tel.: +39 0481 535764; Fax: +39 0481 539294; E-mail: info.gorizia@turismo.fvg.it

Ufficio Informazioni U.R.P. Comune di Gorizia, Piazza Municipio – Tel.: +39 0481 383276

Associazione Culturale Isonzo. Gruppo di ricerca storica, Via del Collio 20/b,

Lucinico – E-mail: info@isonzo-gruppodiricercastorica.it

Come arrivare: l’itinerario, percorribile in auto, porta a visitare quei monumenti che ancor oggi sono presenti e ricordano le vicissitudini belliche della “piana di Gorizia”. Dal centro città, dove si trovano la Statua al Fante e la Statua di Enrico Toti, seguendo le indicazioni per Oslavia e superando il ponte del Torrione si raggiunge l’Ossario. Da qui, proseguendo in direzione del Viadotto Ragazzi del ’99 e, superato il sottopasso ferroviario che riporta un epigrafe commemorativa dedicata ad Aurelio Baruzzi, si imbocca via Sottomonte e poi via delle Chiese Antiche fino a raggiungere le pendici del Monte Calvario.

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Parco_Farneto_Trieste

Parco Farneto (Bosco al Cacciatore)

Situato sulle alture che circondano a est il centro storico, è il parco più esteso di Trieste e si sviluppa tra i rioni San Giovanni, San Luigi, Melara e il rio Farneto nella valle di Longera.

Il parco, il cui nome deriva da farnus, una specie di quercia, è documentato già nel 1533, quando i sovrani austriaci lo fecero recintare per garantirne la conservazione. Maria Teresa d’Austria, intorno al 1750, nominò un cacciatore guardiaboschi per il quale fece costruire due case, una a metà collina e l’altra sulla sommità, da cui il toponimo della zona, che viene detta “del Cacciatore”.

Nel 1785 si contavano più di trentamila querce che, oltre a purificare l’aria, riparavano Trieste dai forti venti di Bora.

Il Viale XX Settembre, passeggio alberato che collega il centro urbano con il Farneto, fu realizzato all’inizio dell’Ottocento dal letterato triestino Domenico Rossetti mentre verso la metà del secolo venne edificato il Ferdinandeo, edificio pubblico ottocentesco costruito in occasione della visita alla città di Ferdinando d’Asburgo.

Durante la Seconda guerra mondiale il parco fu danneggiato dall’abbattimento di molti alberi da parte della popolazione che aveva bisogno di legna da ardere per cucinare e riscaldarsi.

Parco Farneto è stato riaperto al pubblico nel 2000 dopo l’intervento di recupero dei sentieri storici che vennero lastricati. L’area dispone attualmente di un percorso naturalistico (che consente di osservare le famiglie di caprioli e altri animali), di un percorso vita (per attività ginniche) e di un’area giochi per bambini.

Il Parco è servito dai mezzi pubblici, ma è raggiungibile in auto con accesso da via Marchesetti, dove sono disponibili due zone di parcheggio.

 

Informazioni

Indirizzo: Via Carlo De Marchesetti, Trieste

Superficie totale: 91,54 ha

Impianto planimetrico: a bosco, irregolare

Condizione giuridica: proprietà pubblica, Comune di Trieste

Peculiarità scenografiche e compositive: percorso naturalistico, sentieri storici

Specie botaniche di rilievo: acero campestre, carpino nero, olmo campestre,

orniello, pino nero, rovere, roverella

Orari di apertura: sempre aperto

Servizi: accesso ai disabili, area giochi con scivoli e arrampicate, percorso vita, tavolo da ping pong, boccette

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Basilica della Corte

Nel 1902, durante gli scavi per il restauro di piazza Biagio Marin, nel centro storico di Grado, sono venuti alla luce i resti paleocristiani della più antica chiesa di Grado, la Basilica della Corte, edificata nel IV secolo. Si tratta di una pavimentazione musiva, con decori geometrici e nomi, dei sarcofagi e parte delle mura che delineavano la pianta dell’edificio.

Poco distante, un perimetro in pietra bianca sulla pavimentazione della piazza disegna la pianta ottagonale e l’abside semicircolare del Battistero che sorgeva accanto alla Basilica. Gli interventi di valorizzazione dell’area permettono di ammirare i resti in un contesto molto suggestivo.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Museo d’arte della medaglia

Il museo è dedicato alla tradizione dell’arte della medaglia e ai maestri incisori bujesi Pietro Giampaoli e Guerrino Mattia Monassi, che furono tra i primi incisori della Zecca dello Stato Italiano. Una sezione della raccolta ospita gli esemplari coniati da numerosi artisti per il Friuli in occasione del sisma del 1976 (oltre 90 opere).

Pietro Giampaoli ha lasciato al museo alcuni gessi originali e preziose testimonianze sulla creazione della moneta da 500 lire d’argento coniata dallo Stato Italiano in oltre cento milioni di esemplari. Una sezione didattica illustra le fasi materiali del processo di realizzazione della medaglia.

Parte dell’esposizione è dedicata alla storia e all’identità culturale di Buja. A ricordo dell’emigrazione friulana tra il XIX e il XX secolo sono presenti in esposizione dei bellissimi “Mos” di tradizione bavarese (boccali di birra in ceramica o vetro decorati).

 
 
 
 
 
 
 
 

Informazioni


Indirizzo: Borgo San Lorenzo in Monte Buja, Buja

Servizi: visite guidate e percorso tattile su appuntamento, bookshop; accessibile ai disabili

Informazioni: www.provincia.udine.it – musei e presso il Comune di Buja – Tel.: 0432 960151; www.comune.buia.ud.it – mail: info@comune.buia.ud.it o la Biblioteca comunale – Tel.: 0432 960963

Ingresso: intero € 3,00; ridotto € 2,50 (per gruppi di almeno 20 persone); gratuito fino ai 16 anni

Orari di apertura: da aprile a ottobre sabato e domenica 10-12 e 16-19;

da novembre a marzo sabato e domenica 14-17; visite in altri giorni e orari su prenotazione – Tel.: 0432 960151

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Castello_Polcenigo

Castello di Polcenigo

Il castello di “Paucinico” viene menzionato in un diploma di Ottone I dell’anno 963, con cui viene donato al vescovo di Belluno che, nel 973, riconfermò l’investitura militare ai signori del castello conferendo il titolo di Conte di Polcenigo al capitano d’arme Fantuccio, che diede origine al nobile casato.

Nel 1410 le milizie udinesi assalirono il castello, diedero alle fiamme il borgo e danneggiarono il castello di Mizza dove si era stabilito un ramo della famiglia. L’anno successivo gli Ungheri presero il castello, poi riconquistato da Venezia, che lo contese ai friulani finchè non se ne impossessò saldamente nel 1420. In seguito ad un’incursione dei turchi nel 1499 il castello venne gravemente danneggiato.

Il nucleo originario venne ampliato a partire dagli inizi del Duecento, comprendendo il borgo circostante, che ancora include edifici notevoli, come i palazzi Scolari e Fullini-Zaja, l’ex convento francescano e alcune torri medievali. Parte del complesso castellano nel Settecento fu radicalmente trasformato su progetto di Matteo Lucchesi, assumendo l’aspetto di una sontuosa villa veneta. Alienato nel 1833, il castello fu drasticamente spoliato.

Il Castello attualmente è ridotto allo stato di rudere.

 

Informazioni


Indirizzo: Via Coltura 26, Polcenigo

Stato di conservazione: ruderi

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