Architetto e urbanista di respiro internazionale, Max Fabiani (1865 Kobdilj, Stanjel – 1962 Gorizia) opera nell’Austria Felix (Vienna, Lubiana, Abbazia, Trieste e Gorizia), ma anche a Roma, Palermo, Parigi, Londra e Bielsko. Nel 1919, dopo un brillante percorso accademico e come assistente di Otto Wagner, rifiutò un incarico al Politecnico di Vienna perché, avendo già accettato di dirigere la ricostruzione di Gorizia e Gradisca, si disse “moralmente obbligato” a rimanere. Realizzò nel primo dopoguerra un’impressionante serie di piani regolatori per l’Isontino e il Carso devastati dalla guerra. Fabiani, infatti, non mancò mai di considerare l’architettura (e il suo dispiegarsi sul territorio, l’urbanistica) come un umile servizio che doveva esser reso alla società che l’avrebbe fruita nel rispetto dei tratti e dei gusti della sensibilità locale così come dei canoni e delle proporzioni classiche.
Le sue scelte, che non mancarono mai di suscitare accese polemiche, sono talvolta precorritrici, altre dei ritorni, provocatorie per la loro semplicità o, al contrario, per l’eccesso quasi barocco, ma furono sempre fedeli alla loro funzione.
Scrisse Fabiani delle terre che amava: “In realtà ci sono sugli orli delle doline e fra le impervie pietraie, scenari quasi sconosciuti, di inaudita bellezza e chi le ha scoperte una volta, tornerà sempre a mirare e studiare la taciturna ‘Sfinge del Carso’ (1930)”.
Vedi
M. Pozzetto, Max Fabiani architetto, MGS Press, Trieste 1998
L. Ceschia e L. Larconelli, Max Fabiani architetto del Carso, MGS Press, Trieste 2014
R. Ferrari, Il gelso dei Fabiani. Un secolo di pace sul Carso, MGS Press, Trieste 2014
Tra il 1902 e il 1906 Fabiani, reduce dai successi viennesi, progettò tre palazzi per Trieste:
1 |
NARODNI DOM (OGGI SCUOLA SUPERIORE DI LINGUE MODERNE PER INTERPRETI E TRADUTTORI) VIA FABIO FILZI 14 Primo vero centro polifunzionale d’Europa, nonché primo edificio comunitario laico, il “Balkan” accoglieva un caffè, due ristoranti, un teatro, un albergo, una banca, uffici e studi. Il Centro Comunitario Sloveno fu incendiato dai fascisti nel 1920 e successivamente ricostruito. Le facciate sono animate dai puri giochi cromatici dati dall’alternanza dei mattoni a vista che formano la sua inconfondibile livrea losangata incorniciata in pietra chiara. |
2 |
CASA BARTOLI PIAZZA DELLA BORSA 7 Edificio in uno stile Liberty sobrio che attenua le opulenze floreali con geometrie raffinate. La grande veranda vetrata del primo piano e i balconcini in ferro battuto si sporgono sulla piazza proiettando lo spazio chiuso all’esterno e rivelando tutta l’attualità del pensiero di Max Fabiani. |
3 |
PALAZZO STABILE RIVA GRUMULA-ANGOLO VIA BELPOGGIO Dalla facciata che era parsa ai burocrati degli uffici comunali “poco elegante nella sua quasi selvaggia semplicità” si protende il corpo della torretta d’angolo con i bovindi che consentono alla vista di spaziare sul porto. Fabiani curò anche la progettazione degli interni in stile secessionista e il pian terreno era ideato per ospitare un caffé viennese. |
Rimane irrealizzata la Metropolitana del mare che voleva collegare il porto di Trieste con Monfalcone e l’Istria, un progetto visionario e lungimirante cui non si prestò attenzione credendolo una pura utopia urbanistica.
A Gorizia l’architetto del Carso visse e lavorò quasi ininterrottamente – con alterne fortune – dal 1917 alla morte.
4 |
PALAZZO DEL TRGOVSKI DOM CORSO VERDI-ANGOLO VIA PETRARCA Il palazzo venne commissionato nel 1903 all’architetto dalla Banca Commerciale Industriale slovena. Come il Narodni Dom triestino ospitava una gran varietà di locali commerciali e spazi per attività culturali e sportive. Al purismo lineare dei piani superiori si giustappone il massiccio bugnato di quelli inferiori, decorati da fasce di ruvido conglomerato e dall’amato motivo a losanga. La torretta circolare del Trgovski Dom è una fortunatissima icona delle cartoline e delle foto d’epoca di Gorizia. |
5 |
EX VILLA CECONI E MONASTERO DI SANT’ORSOLA VIA MONTESANTO-VIA PALLADIO L’opulenta villa suburbana fu progettata da Giovanni Andrea Berlam per l’imprenditore Giacomo Ceconi. Nel 1923 Max Fabiani restaurò l’edificio acquistato dalle suore Orsoline ripristinando le forme originarie fortemente danneggiate dai bombardamenti. L’ala destinata al Convitto delle religiose è un grande edificio dalle linee pulite cui fa eccezione il coronamento con preziosità formali ed echi seicenteschi. |
6 |
CHIESA METROPOLITANA DEL SACRO CUORE (1934-1937) VIA BRIGATA CASALE 10 Progetto dalla realizzazione tormentata che dovette tener conto delle preesistenze in stile neogotico del cantiere abbandonato nel 1911 e delle richieste di monumentalità che cozzavano con le ristrettezze economiche, tanto che forse la parcella dell’architetto non venne mai saldata. L’edificio è risolto in forme regolari e grandiose, in un gioco calibrato di decori in pietra bianca e mattone a vista. In realtà sono numerosissime le chiese alla cui ricostruzione Fabiani contribuì (tra cui le parrocchiali di Sant’Andrea, San Rocco, Piuma, Lucinico e San Floriano), con un accorato senso del dovere verso la sua terra e la gente che la abita. Innumerevoli sono anche le case d’abitazione, anche modeste, che vantano anche solo un suggerimento del grande architetto. Dopo aver lasciato notevoli quantità di disegni per la sistemazione della città e soprattutto di piazza Vittoria e del borgo Castello, rimasti ignorati, ormai novantenne nel 1956 realizzò uno schizzo per un’ascensore che dalla galleria Bombi salisse al Castello, rivelandosi, ancora una volta, troppo in anticipo per essere compreso. |