La laguna di Grado è un luogo senza tempo, un ecosistema unico al mondo, un intrico di canali e valli fra le mote, come i gradesi chiamano le piccole isole lagunari, ricoperte di canne e di cespugli, regno dell’acqua, del vento e del silenzio.
Si estende per oltre 12 mila ettari fra Fossalon di Grado e la foce dei fiumi Ausa e Corno, dove sorge l’isola di Anfora, al confine con la laguna di Marano. L’idrovia Litoranea Veneta, una via d’acqua che collega Venezia con la foce dell’Isonzo e Trieste, l’attraversa in senso longitudinale.
Grado è un’isola collegata alla terraferma da una strada che viene presa come riferimento per dividere la laguna in due settori, l’orientale, chiamato palù de sora, e l’occidentale, palù de soto. La parte più ampia è la laguna occidentale, che è anche la più ricca di isole, fra cui la piccola isola di San Pietro d’Orio, che era sede di un monastero, Ravaiarina, dove si trovano valli da pesca e strutture ricettive, e l’isola di Gorgo, dove sorgeva una chiesa e, durante la prima guerra mondiale, una base area italiana. In direzione della laguna di Marano troviamo l’isola di Anfora, che nel 1866 divenne il confine tra Regno d’Italia e Impero Austro-Ungarico, che vi costruì una caserma. Oggi vi sorge il piccolo abitato di Porto Buso.
La laguna orientale, palù de sora, si è ridotta di superficie in conseguenza dei lavori di bonifica realizzati a partire dal 1928 nella zona di Fossalon. L’isola più importante è Barbana, dove sorge da circa 1500 anni un santuario mariano condotto da una comunità di frati francescani. Ogni anno nella prima domenica di luglio si svolge il Perdòn di Barbana, una suggestiva processione di barche imbandierate e infiorate che partono in pellegrinaggio da Grado e attraversano la laguna fino a Barbana.
Il simbolo della laguna di Grado sono i casoni, le antiche case dei pescatori, capanne fatte di canne, paglia e vimini. Sono a pianta rettangolare, composti da un’unica stanza con il focolare, la porta rivolta a occidente per riparare dal freddo vento dell’est, il tetto di canne a forma di piramide che spunta fra gli isolotti lagunari. Vengono ancora utilizzati dai pescatori gradesi come base d’appoggio per la pesca, pochissimi ci vivono ancora, magari solo nella bella stagione, quando talvolta vengono trasformati in trattorie.
La batèla è la barca tipica della laguna: lunga fra i 5 e i 10 metri, a fondo piatto, è condotta da un rematore in piedi a poppa e può essere dotata di un albero.
In laguna sono presenti numerose valli da pesca dove si pratica l’itticoltura.
Dal punto di vista naturalistico, la laguna è ricca di essenze arboree, e in particolare di tamerici, olmi, pioppi, ginepri e pini. I banchi sabbiosi che emergono nelle lagune di Grado e Marano, chiamati barene, hanno la maggior varietà di specie vegetali lagunari. La pianta più diffusa è la graminacea sparto delle barene, che con le sue radici difende le barene dall’erosione marina. La pianta simbolo della laguna è il limonio dai fiori violetti, chiamato in dialetto fiuri de tapo. Con il giunco una volta si fabbricavano cordami per l’armatura delle reti da pesca.
La fauna è rappresentata da una grande varietà di volatili. Una delle aree indubbiamente più importanti sotto il profilo biologico è il Banco d’Orio, che delimita il confine meridionale della laguna, dove sono visibili molte migliaia di uccelli, più frequenti nei mesi di migrazione. I più numerosi in assoluto sono i piovanelli pancianera, assieme ai gabbiani, alle sterne, ai cormorani, agli aironi, ma si possono osservare anche specie rare come i fenicotteri. Per proteggere questo ambiente così incantevole ma delicato, habitat ideale per decine di specie di uccelli acquatici che vi nidificano o che vi fanno tappa nel periodo delle migrazioni, sono state create due grandi riserve naturali, la Riserva naturale della Foce dell’Isonzo e la Riserva Naturale Valle Cavanata.
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