Diga_del_Vajont

Diga del Vajont

La Diga del Vajont fu teatro della tragica frana del monte Toc, che la notte del 9 ottobre 1963 spazzò via la vallata sottostante: le vittime furono circa duemila. Un’enorme massa di roccia si staccò dal fianco della montagna riversandosi nel lago artificiale, già oltre i margini di sicurezza, creando un’ondata che tracimò dalla diga costruita da pochi anni e che, secondo le perizie, fu costruita in una zona geologicamente inadatta. La frana provocò un terremoto, quindi l’acqua fu violentemente spinta verso il passo Sant’Osvaldo cancellando le piccole borgate attorno al lago, appena sotto Erto e le case più basse di Casso. L’onda, alta un centinaio di metri, si sfogò sulla vallata del Piave, dove le popolazioni non erano state evacuate, né fu dato l’allarme. In pochi attimi furono cancellati Longarone e le frazioni di Rivalta, Pirago, Faè, Villanova e Codissago di Castellavazzo.

Il museo del Vajont è visitabile presso il Centro visite del Parco naturale delle Dolomiti friulane di Erto e Casso, è percorribile, inoltre, parte del coronamento della diga.
 
 
 
 
 
 

Informazioni

Informazioni: www.parcodolomitifriulane.it
Parco naturale delle Dolomiti friulane, via Roma 4, Cimolais
tel.: +39 0427 87333; fax +39 0427 877900
e-mail: info@parcodolomitifriulane.it
www.prolocoertoecasso.it
Pro Loco Erto e Casso tel.: +39 340 3898661

 

Visite: al Punto informativo Diga del Vajont di Erto e Casso è attivo un servizio di visite guidate al percorso del coronamento della diga effettuabili dalle 10.00 alle 17.00 nelle giornate di domenica 5 aprile, lunedì 6 aprile, sabato 25 aprile, domenica 26 aprile; tutte le domeniche di maggio, venerdì 1° maggio, sabato 2 maggio; ogni sabato e domenica di giugno, lunedì 1° giugno, martedì 2 giugno; ogni sabato e domenica di luglio; tutti i giorni da sabato 25 luglio a domenica 30 agosto; ogni domenica di settembre e ottobre; domenica 1° novembre al costo di € 5,00 a persona (40 minuti circa)

 

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ALTRO IN ZONA ALTRO IN PROVINCIA DI PORDENONE

pordenone

Provincia di Pordenone

Pordenone è la provincia più occidentale e la più giovane (istituita nel 1968) del Friuli Venezia Giulia, racchiusa tra le Prealpi Carniche e l’ampia pianura delimitata dai fiumi Tagliamento e Livenza.

Le montagne, di natura dolomitica, sono caratterizzate da gole impenetrabili, valli strette e profonde; ospitano località turistiche di forte richiamo come il comprensorio di Piancavallo. La zona pedemontana è invece caratterizzata dai magredi, impressionanti distese di ghiaia e ciottoli immutate da secoli, che circondano paesini come Cordenons, San Quirino, Vivaro e Zoppola.

Fra colline e pianure si possono ammirare fenomeni carsici spettacolari come le sorgenti del fiume Gorgazzo, le pittoresche sorgenti del fiume Livenza e numerosissime grotte e cavità naturali.

Sono state istituite diverse aree protette, fra cui il Parco Regionale delle Dolomiti Friulane, il Parco Naturalistico di San Floriano e il Parco Fluviale del Noncello che attraversa la città di Pordenone.

Oltre alla natura, la bellezza dei luoghi è racchiusa pure nei borghi e nei tesori d’arte della cultura friulana, che ha fatto tesoro delle influenze venete e austriache. Le testimonianze storiche vanno dal sito preistorico di Palù della Santissima alla città capoluogo, dal borgo di Sacile al castello di Spilimbergo.

La cucina tipica della provincia pordenonese, nata dall’incontro fra pianura e montagna, è di origine rurale: minestre, zuppe di verdure e risotti, gnocchi e la minestra di pane raffermo chiamata panada.

Molti sono i prodotti tipici, tra cui la pitina, un insaccato di carni miste affumicate, e i formaggi locali, come il Montasio, e quelli di malga, come l’asin, dalla pasta morbida e cremosa. Fra le molte ottime carni che vengono servite come secondo, soprattutto cacciagione, da segnalare è il muset, cotechino da accompagnare con la brovada (rape macerate nell’aceto). Da non dimenticare la frittata con il salame, il frico (formaggio fritto) e la pastissada (polenta pasticciata). Tra i dolci ricordiamo i biscotti fatti con farina di mais, la pinza e il dolce di Spilimbergo.

Di qualità anche la produzione di vini: sia bianchi, tra cui il Friulano, il Pinot, il Verduzzo, sia rossi, come il Cabernet e il Refosco.

 

 

 

CULTURA
BORGHI TIPICI CASTELLI EVENTI
    MONUMENTI E SITI STORICI MONUMENTI RELIGIOSI MOSTRE
      MUSEI SITI ARCHEOLOGICI VILLE E PALAZZI
        NATURA
        CASCATE ESCURSIONI FIUMI
        GIARDINI E PARCHI GROTTE LAGHI E LAGUNE
        MONTAGNA PARCHI E RISERVE SPIAGGE
            ENOGASTRONOMIA
            RISTORANTI AGRITURISMO PIZZERIE
                  CANTINE PRODUTTORI
                      OSPITALITÀ
                      HOTEL BED & BREAKFAST AGRITURISMO
                            CAMPEGGI AFFITTACAMERE APPARTAMENTI PER VACANZE
                                  SPORT
                                  TREKKING E PASSEGGIATE MOUNTAIN BIKE CAVALLO
                                      SPORT ACQUATICI SPORT INVERNALI SPORT MONTAGNA
                                          Laghi_Doberdo_e_Pietrarossa

                                          Laghi di Doberdò e Pietrarossa

                                          I Laghi di Doberdò e Pietrarossa rappresentano un raro esempio a livello europeo di idrografia superficiale legata al fenomeno del carsismo. Si trovano in un polje, cioè una depressione naturale a fondo piatto, i cui versanti possono essere più o meno ripidi, e sono attraversati da falde acquifere del sottosuolo. Sono i due unici laghi carsici del Friuli Venezia Giulia e appartengono all’omonima riserva naturale che si trova in provincia di Gorizia.

                                          Mentre il lago di Pietrarossa è di livello pressoché costante, quello di Doberdò è un lago temporaneo, un lago-stagno: infatti il livello delle sue acque cambia a seconda della portata dei vicini fiumi Vipacco ed Isonzo. Quando i due fiumi sono in magra, la superficie libera del lago, non occupata da canneti, si riduce a canali e pozze circolari di pochi metri. Le sorgenti si trovano sul lato occidentale del lago, mentre gli inghiottitoi sono sul lato orientale.

                                          In quest’area la flora e la fauna sono molto varie per la copresenza all’interno della Riserva di diversi ambienti naturali, quali zone umide (laghi, praterie, boschi) contrapposte ad ambienti carsici più aridi (landa, boscaglia).

                                          Lungo le sponde del lago di Doberdò si trova una sottile striscia di bosco ripariale con salici e pioppi neri che ospitano diverse specie di uccelli tra i quali c’è il raro picchio rosso minore. Fra i mammiferi che abitano la zona troviamo i caprioli, molto comuni sul Carso, ma anche il raro sciacallo dorato. Dove l’acqua è più profonda crescono le ninfee.

                                          All’interno della Riserva si trovano i resti di un castelliere risalente all’Età del Bronzo: era un antico villaggio fortificato con una cinta muraria costruita in pietra a secco, una delle prime forme abitative del Carso.

                                           

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                                          Casa del Trecento

                                          Di fronte al campanile del Duomo sorge l’unico edificio medievale dell’antico borgo, la Casa del Trecento, che in passato è stata sede del Banco dei Pegni di San Daniele del Friuli e che oggi ospita un’esposizione di cimeli militari storici legati al corpo degli Alpini.
                                           
                                           
                                           
                                           
                                           
                                           
                                           
                                           
                                           
                                           
                                           
                                           
                                           
                                           
                                           
                                           
                                           
                                           
                                           

                                          Informazioni


                                          Indirizzo: via Roma 18, San Daniele del Friuli

                                          Informazioni: Sede A.N.A. Associazione Nazionale Alpini – tel.: +39 0432 954350; e-mail: anasandanieledelfriuli@virgilio.it

                                          Ingresso: gratuito

                                          Visite: su appuntamento

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                                          Laguna_Marano

                                          Laguna di Marano

                                          La laguna di Marano, che si estende fra la foce del Tagliamento e la bocca di Porto Buso, che la divide dalla laguna di Grado, è un luogo di straordinaria bellezza paesaggistica e di valore naturalistico. Si trova nella parte più settentrionale dell’Alto Adriatico insieme alla laguna di Grado. È alimentata da tre corsi d’acqua principali – lo Stella, il Corno, l’Ausa – e da altri secondari. Alcune isolette, come quella di Sant’Andrea e quella di Martignano, chiamata anche Isola delle Conchiglie, proteggono la laguna dal mare aperto.

                                          I banchi sabbiosi che emergono dalla laguna sono chiamati barene, mentre le parti ricoperte da melma e poste a filo d’acqua sono le velme. Anche le barene però vengono a volte inondate dall’alta marea, che può raggiungere il metro d’altezza. Velme e barene sono ricoperte dalla tipica vegetazione sia salmastra, sia semi-salmastra, come giunchi, piante alofite, limonio. In laguna si trova pure una pianta ormai quasi estinta, l’apocinio veneto.

                                          La laguna di Marano è molto ricca di pesci – dalle celebri oratine di Marano a cefali, mormore, ombrine, anguille, passere, latterini, spigole – di molluschi e di crostacei.

                                          Ricchissima infine è la presenza di uccelli delle specie più diverse, soprattutto per il fatto di essere un’importante tappa di riferimento per le specie migratorie provenienti dall’Europa centrale e settentrionale (tanto da essere stata dichiarata, nel 1979, zona protetta di valore internazionale). La laguna ospita gabbiani, oche, tortore, barbagianni, civette, colombacci, cuculi, gazze, tordi, cigni reali, aironi, i rari falchi di palude e le sterne.

                                          Nella laguna di Marano sono state istituite due riserve naturali: la Riserva delle Foci del Fiume Stella, che comprende l’intero delta del corso d’acqua ed è raggiungibile solo via mare, e la Riserva della Valle Canal Novo, costituita da una ex valle di pesca di circa trentacinque ettari.

                                          Oltre alle bellezze della natura, la laguna di Marano offre pure lo spettacolo suggestivo della Processione di San Vito, un rito di origine trecentesca che si svolge ogni anno nella domenica successiva al 15 giugno: una processione di barche da pesca pavesate a festa raggiunge il centro della laguna e circonda la barca con baldacchino dove trovano posto le autorità religiose; dopo la benedizione del mare, viene gettata una corona di fiori per ricordare i pescatori che hanno perso la vita svolgendo il loro lavoro.

                                           

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                                          Castello_Spessa_Capriva

                                          Castello Spessa

                                          Il castello di Spessa si erge nel cuore del Collio goriziano fin dal XIII secolo, edificato su fortificazioni ancora più antiche, forse una torre dʼavvistamento romana utilizzata in seguito dai Longobardi (lo stesso toponimo “Spessa”, deriverebbe dal latino “silva spissa”). L’aggregato rurale di Capriva nel 1420 fu assoggettato a Venezia finchè nel 1528 venne posto sotto al dominio degli Asburgo.

                                          Fin dal Cinquecento il maniero fu dimora della nobiltà friulana, dapprima appartenne ai Rassauer de Ratscha, quindi nel 1575 passò in dote alla famiglia Della Torre Valsassina che ne rimase proprietaria per oltre trecento anni. Nel 1773 il conte Luigi Torriani ospitò a Spessa l’avventuriero Giovanni Giacomo Casanova e qualche anno più tardi Lorenzo da Ponte futuro librettista di Mozart e uomo di cultura.

                                          Nel XIX secolo cominciò la decadenza della casata dei Torriani, finchè nel 1880 lʼultimo Torriano di Spessa, Antonio, ed Emilio Formentini vendettero la tenuta al triestino Rodolfo Voekl, il quale affidò allʼarchitetto Ruggero Berlam la riedificazione del palazzo secondo il gusto neogotico con la torre merlata e la bifora centrale.

                                          Nel 1911 la proprietà fu ceduta al barone triestino Demetrio Economo di San Serff, che fece circondare il castello da un magnifico parco. Durante la prima Guerra Mondiale il castello venne utilizzato come sede militare e successivamente sequestrato ai proprietari, di nazionalità austriaca.

                                          Nel 1925 il castello fu acquistato dal Senatore triestino Salvatore Segrè, che con la moglie Anna Sartorio ne favorì il recupero architettonico configurandolo in prestigioso luogo di incontri mondani: furono qui ospiti politici, membri dellʼaristocrazia italiana, del mondo industriale e culturale. Durante la seconda guerra mondiale il castello venne occupato e utilizzato come rifugio il bunker risalente agli anni ʼ30, che dalle cantine medievali scende in profondità riaffiorando a metà collina.

                                          Nel dopoguerra il castello fu ereditato da Michele Stavro Santarosa, di origini greche e figlio adottivo della coppia. Il primogenito Giorgio trasformò la tenuta in unʼazienda vinicola con accanto un allevamento di cavalli nel quale creò la razza “Spessa” dalla quale prese vita una scuderia che ottenne importanti successi.

                                          Nel 1981 la tenuta è stata acquistata dallʼimprenditore friulano Loretto Pali che ne ha fatto una rinomata azienda vinicola.

                                           

                                          Informazioni


                                          Indirizzo: Località Spessa 1, Capriva del Friuli

                                          Servizi: albergo, ristorante, enoteca, campo da golf; cantina medievale con barricaia; museo; percorsi naturalistici

                                          Visite: su prenotazione; aderisce a Castelli Aperti

                                          Tel.: 0481 808124

                                          Cell.: 348 2561011

                                          E-mail: info@castellodispessa.it

                                          Informazioni: www.castellodispessa.it;

                                          Consorzio per la Salvaguardia dei Castelli Storici del Friuli Venezia Giulia – www.consorziocastelli.it; tel.: 0432 288588; e-mail:visite@consorziocastelli.it

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                                          Siora Rosa

                                          Nato ancor prima del 1921 con il nome di Bar Vittorio Veneto, era gestito dalla signora Rosa Cattaruzza, il cui ritratto campeggia sopra la cassa del locale.
                                          Siora Rosa cucinava interi prosciutti che utilizzava per preparare deliziosi panini che la resero famosa in tutta Trieste soprattutto per la loro abbondanza.
                                          All’origine il locale era più piccolo, ma sempre pieno di persone che venivano a mangiare jota, trippe, baccalà, porcina, cotechino, kaiserfleisch, luganighe di Vienna e luganighe di cragno entrambe servite con crauti, senape e kren.

                                          Scomparsa la titolare, nel 1975 il locale è stato rinnovato e riaperto dalla Famiglia Facco. Da quasi quarant’anni, infatti, la signora Albina è la regina della cucina dove lavora ogni giorno con la figlia Monica per non far dimenticare a triestini e turisti la tradizione culinaria di Siora Rosa.

                                          Ogni giorno, infatti, è possibile gustare il prosciutto cotto nel pane tanto apprezzato dalle vecchie e nuove generazioni; inoltre è sempre in funzione la caldaia che sforna porcina, cotechino, lingua, luganighe di Vienna e di cragno, che insieme ai crauti sono il piatto tipico triestino, accompagnato naturalmente da una buona birra artigianale.
                                          Specialità della Casa sono anche il goulash, gli gnocchi di pane, di patate e di susine, e tanti altri piatti legati alle stagioni tra i quali ricordiamo il baccalà in bianco, il baccalà mantecato, le seppie in umido e i sardoni in savor.

                                          Numerose sono le riviste specializzate e i giornali che hanno parlato del Buffet da Siora Rosa.
                                           

                                          Informazioni


                                          Indirizzo: Piazza Attilio Hortis, 3 – Trieste

                                          Telefono: +39 040 301460

                                          Email: buffetsiorarosa@gmail.com

                                          Orari: Aperto dalle 8.00 alle 22.00

                                          Chiusure: Chiuso la domenica e il lunedi

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