Mulino_Borgo_Ampiano

Mulino di Borgo Ampiano

L’antichissimo mulino – se ne ha notizia fin dal 1320 – è situato sulla sponda sinistra del Torrente Cosa per sfruttare la corrente della Roggia di Spilimbergo.

Al pianoterra si trovano la fucina, la falegnameria e il movimento della struttura con le macine. Al piano superiore si possono osservare i macchinari per la lavorazione dei cereali e la torretta, in cui erano separate le farine di orzo, granoturco, frumento, castagne e carrube che venivano macinate. Nel 1930 fu introdotto l’uso dei mulini a rullo e venne installata la turbina che forniva energia elettrica alla sega da legnami, al molino da grano e che illuminava l’intero borgo.

Recuperato e ristrutturato, il mulino è utilizzato, insieme all’ampio spazio verde adiacente, per iniziative culturali, teatrali, concerti e laboratori.

Il Mulino di Borgo Ampiano fa parte dell’Ecomuseo Regionale delle Dolomiti Friulane Lis Aganis.

Informazioni


Indirizzo: Borgo Ampiano, Pinzano al Tagliamento

Servizi: visite guidate, fototeca, noleggio audioguide, archivio documentale, accessibile ai disabili

Informazioni: Ecomuseo Lis Aganis – www.ecomuseolisaganis.it; e-mail: info@ecomuseolisaganis.it oppure Comune di Pinzano – www.comune.pinzanoaltagliamento.pn.it; tel.: +39 0432 950005; fax: +39 0432 950129; e-mail: segreteria@com-pinzano-al-tagliamento.regione.fvg.it

Orari di apertura: su richiesta previo appuntamento contattando il Comune di Pinzano al Tagliamento via mail o fax; aperto in occasione di mostre o attività didattiche organizzate

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Giardino_Castello_Susans_Majano

Castello di Susans

Il Castello di Susans sorge sull’omonimo colle nella piana del Tagliamento. Si ritiene che l’antico fortilizio medievale, sulle cui fondamenta è stata poi eretta l’odierna Villa Colloredo, sorgesse già sul preesistente basamento di una torre romana o tardo antica.

Il maniero sarebbe stato edificato nel 1304 da Federico di Pers e da Asquino di Varmo, distrutto nel 1315 dal conte di Gorizia, riedificato e ceduto ai Colloredo nel 1337; la sfortunata fortificazione fu incendiata e definitivamente distrutta dai Zamberlani nel corso della rivolta del 1511.

Attorno al 1630 Fabrizio di Colloredo promosse l’edificazione della moderna villa di impianto ‘toscaneggiante’, il cui progetto è attribuito all’architetto mediceo Matteo Nigetti. Il giardino, chiuso da un’esedra semicircolare a meridione, dovrebbe analogamente risalire al XVII secolo, così come il giardino formale. Mentre gli impianti arborei sarebbero ascrivibili ai decenni più recenti, ad eccezione dei superstiti esemplari di cipresso dalle dimensioni monumentali che punteggiano lo storico viale di accesso.

 
 
 
 
 
 
 
 

Informazioni


Indirizzo: Frazione Susans, Majano

Superficie totale: 1,50 ha

Impianto planimetrico: all’italiana

Condizione giuridica: proprietà privata

Peculiarità scenografiche e compositive: aiuole, recinzione in pietra a torri angolari, viali

Specie botaniche di rilievo: cipresso, tasso

Orario di apertura: sabato e domenica 15.00-18.00

Tel: +39 0432 948090

e-mail: info@castellodisusans.com

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Castello_Partistagno_Attimis

Castello di Partistagno

Il feudo e il castello di Partistagno (in origine Perthenstein, “rocca splendida”) appartennero alla famiglia bavarese dei Mosburg. Nel 1170, Vodolrico di Moosburg, già Marchese di Toscana, ne fece dono – assieme al castello superiore ed inferiore di Attimis – al Patriarca Vodolrico II di Treffen, che lo concesse in feudo nel 1172 ai di Cuccagna, che assunsero il nome. Tuttavia, pochi decenni dopo, i Partistagno si ribellarono agli ordini dell’Imperatore Federico II di Germania, che fece abbattere il castello nel 1239.

Il sito dovette ospitare un’opera munita fin dall’età romana vista la presenza di edificazioni coeve: un vallo, una torre e una cisterna. La rocca dopo i recenti lavori di restauro si presenta piuttosto articolata e comprende l’antica torre-mastio, il palazzo trecentesco ornato da una serie di bifore e la chiesetta di Sant’Osvaldo con l’affresco attribuito alla scuola di Vitale da Bologna.

 
 
 
 
 
 

Informazioni


Indirizzo: Località Borgo Faris, Partistagno (Attimis)

Stato di conservazione: ruderi; in fase di restauro

Informazioni: www.museoattimis.it; www.consorziocastelli.it

Visite: solo esterni

Come arrivare: sentiero

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Castello di Aviano

Il castello – probabilmente costruito sui resti di fortificazioni di epoca romana – fu ceduto nel 967 da Ottone I di Sassonia al Patriarca di Aquileia e, nel 1161, Federico Barbarossa lo concesse al Vescovo di Belluno.
Nel 1411 il maniero fu occupato dagli ungheresi comandati da Pippo Spano, capitano generale di re Sigismondo e distrutto nel 1420 dalle milizie venete; fu ricostruito nel 1432 ma poi nuovamente devastato durante le incursioni turche.
Nonostante sia fortemente degradato, sono ancora visibili alcuni tratti di cinta muraria, quattro delle antiche sette torri merlate, i resti del mastio e del torrione originario, la chiesa castellana e la porta fortificata con l’emblema araldico del lupo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Informazioni


Indirizzo: Aviano

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Torrente Cellina

Il Cellina (in friulano Ciline, Cilina, Silina e Thelina) nasce dal monte la Gialina (m. 1634), ma le sorgenti del torrente si trovano in provincia di Pordenone, in località Margons, nel comune di Claut. Percorre la Valcellina, che prende il nome dal torrente, per una trentina di chilometri. All’altezza di Barcis, a 402 m., una diga ne sbarra il corso e forma il lago dalle acque verdissime che prende il nome dal paese. Più a valle, dopo una lunga gola, il torrente incontra un altro sbarramento, la diga di Ravedis, in comune di Montereale Valcellina, dopo la quale le sue acque scompaiono in un immenso ghiaione e scorrono nel sottosuolo finché incontrano il fiume Meduna. I due torrenti risalgono in superficie nella zona delle risorgive tra Vivaro e Cordenons e insieme vanno a confluire nel Livenza.

Durante il suo percorso lungo 58 km riceve le acque di molti torrenti, i principali dei quali sono il Cimoliana e il Settimana.

Il Cellina scorre tra gole, dirupi, insenature e salti lasciando intravedere, attraverso la sua trasparenza, un fondo ghiaioso chiaro che fa cambiare colore alle sue acque man mano che varia l’ambiente circostante.

 

Museo_Archeologico_Nazionale_Aquileia

Museo Archeologico Nazionale

Istituito nel 1882 con il patrocinio dell’imperatore Francesco Giuseppe nella Villa Cassis Faraone, il museo presenta le collezioni storiche risalenti all’epoca romana delle più illustri famiglie aquileiesi – il nucleo originario proviene dalla settecentesca raccolta del canonico e archeologo Gian Domenico Bertoli – integrate dai risultati delle ricerche condotte fra Otto e Novecento.

La sezione dedicata alla statuaria esibisce una galleria di teste-ritratto ad uso funerario provenienti da edicole e sacorfagi ritrovati nel suburbio, che documentano il variare delle tendenze stilistiche (con esiti che spaziano dal realismo alla tendenza ellenistica, fino alla cosiddetta “tensione interiore” del III secolo). La scultura onoraria è esemplificata dal cosiddetto Navarca del tardo periodo repubblicano e dal ciclo di età claudia raffigurante la famiglia imperiale collocata originariamente nelle vicinanze del Foro.

Nel primo piano sono raccolte le manifatture delle arti applicate e dell’artigianato, con un’ampia sezione dedicata alla glittica: oggetti ornamentali di pietra dura, cristallo di rocca, ambra e avorio finemente lavorati.

L’arte dell’intaglio su pietre dure, infatti, costituisce una delle classi maggiormente rappresentative del patrimonio archeologico aquileiese (oltre 10. 000 pezzi) ed è tale da individuare nella città il centro di produzione più importante dell’Italia centro- settentrionale. La sala dei culti tardo-imperiali propone la ricostruzione di un larario, il sacello domestico in cui venivano venerati gli spiriti degli antenati, manufatti votivi connessi ai riti misterici e un pregevole lampadario paleocristiano proveniente dall’Episcopio di Piazza Capitolo.

Nel settore della ceramica e della terracotta sono esposti esemplari di vasellame rosso prodotto della fornace di Carlino a poca distanza da Aquileia (fine IV-inizi V). Anche la cospicua quantità di vetri fa supporre l’esistenza nella città di officine attive a partire dal I secolo d. C.: contenitori per profumi (balsamari) e vasellame da mensa (olle, coppe e piatti) nonchè preziosi oggetti in in vetro murrino, millefiori e vetro-mosaico. I manufatti bronzei spaziano dall’abbigliamento (fibule e fibbie) alle sculture devozionali e alle suppellettili (specchi e strigili).

Nel secondo piano del Museo si conservano gli armamenti (come l’elmo in ferro con parti ornamentali in argento, bronzo e rame) e i gioielli, tra cui le duecento piccole appliques a forma di mosca, in oro, destinate ad essere cucite sulla veste. La raccolta numismatica vanta oltre 40.000 esemplari, tra cui le emissioni della zecca di Aquileia e le monete auree.

Le gallerie lapidarie ospitano preziosi mosaici ellenistici, due pavimenti raffiguranti il Ratto d’Europa e un Asaraton, ovvero la rara rappresentazione di un pavimento non spazzato e i mosaici provenienti dal vasto complesso delle Grandi terme, con il Trionfo di Nettuno.

Nei magazzini si trovano le sale dedicate alla Via Annia e l’imbarcazione rinvenuta a Monfalcone presso le risorgive del Timavo. Il giardino accoglie il lapidario con resti architettonici, epigrafi, stele, monumenti funerari e i contenitori lapidei disposti in piramidi.

 

 

Informazioni


Indirizzo: Via Roma 1, Aquileia

Servizi: noleggio audioguide presso Infopoint Turismo FVG; archivio documentale; accessibile ai disabili

Informazioni: www.museoarcheologicoaquileia.beniculturali.it; www.provincia.udine.it/musei

Orari di apertura: domeniche e festivi 13.45-19.30; da martedì a sabato 8.30-19.30; chiuso il lunedì, il 25 dicembre e l’1 gennaio

Ingresso: intero € 4,00; ridotto € 2,00 (cittadini tra i 18 ed i 25 anni e docenti); gratuito per i cittadini della comunità europea che non abbiano compiuto 18 anni; ingresso gratuito la prima domenica di ogni mese

Tel.: 0431 91016 / 0431 91035

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Castello di Zegliacco

Il castello sorse probabilmente sulle fondamenta di una vedetta posta a guardia della Via Augusta. Nel 1309 fu incendiato dal Patriarca per il tradimento dei Signori di Zegliacco che si erano alleati con i conti di Gorizia. Estintosi nel 1477 il casato, il feudo venne acquistato da Nicolò Savorgnan che successivamente lo rivendette ai Cossio – già signori di Codroipo e Stella – alla cui famiglia rimase nei secoli successivi.

Il complesso castellano nel tempo ha subito numerosi rifacimenti e ristrutturazioni ed è stato convertito in residenza di campagna. Nella torre portaia, risalente al XVII secolo, rimangono le tracce di un muro contraffortato della torre medioevale e, accanto, i residui del fossato. Alla fine del Novecento è stato acquistato e restaurato da privati.

 
 
 
 
 
 
 

Informazioni


Indirizzo: Zegliacco, Treppo Grande

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